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Dio è il comandamento dell’amore

Commento al vangelo

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«Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, “offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti”, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza, é Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro (Mt 18,20)» (SC,7).

L’Ascensione non celebra la definitiva separazione e quindi l’assenza del Signore; celebra la presenza che non è più mediata sensibilmente dalla Sua umanità, ma continua, sacramentalmente, a essere reale. Gesù stesso l’ha garantito: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Il mandato lasciato ai discepoli è di essere testimoni e araldi della conversione e del perdono dei peccati, rassicurati dalla presenza e assistenza dello Spirito Santo. Gesù, invia gli amici “a Gerusalemme, in Giudea, in Samaria e fino ai confini della terra” (At 1,8), affinchè siano per tutto il mondo, e per tutti i tempi, Suoi testimoni. Siano cioè per tutti gli uomini, un segno eloquente, credibile, di ciò che Lui ha detto e ha fatto, continuando a annunciare e a fare come se Lui stesso vivesse in loro.

Nel tempo della Chiesa che l’Ascensione ha inaugurato, trovano senso e attuazione tutte le cose che nelle settimane di Pasqua abbiamo potuto meditare illuminati dalla Parola di Dio. Innanzitutto sappiamo che il Signore si accontenta di noi: anche se non sappiamo dargli “amore” si accontenta della nostra amicizia vera e sincera. Comunque da quel poco che Gli mettiamo a disposizione, sa trarre grandi cose e a poco a poco conformarci a Lui. In più abbiamo la certezza che Egli è sempre presente nella Sua Chiesa e proprio nei momenti di sconforto, quando subentrano la stanchezza e la delusione, è possibile riconoscerlo e con Lui ottenere frutti insperati.

Sappiamo che per partecipare alla vita stessa di Dio ci é chiesto di “ascoltare la voce” del Signore. Prima che sulle cose fatte, sui doveri eseguiti e sugli impegni assunti, ciò che conta è essere attenti alla Sua voce, trovare nella Sua parola, “orientamento” e conforto. La vita eterna è ascoltare la Sua voce e accorgersi che davvero con Lui qualcosa di nuovo e di definitivo ha inizio e non avrà mai fine. Ora sappiamo che la legge del nuovo popolo di Dio è il comandamento dell’amore, che quest’amore noi da soli non sapremo neppure che cosa è, ma lo Spirito del Signore lo rende possibile per tutti quelli che da Lui si lasciano guidare.

La celebrazione di questo tempo di Pasqua ci ha preparato alla “professione della nostra speranza” (Eb 10,23), a vivere, cioè, ogni giorno sapendo che il Signore è con noi, presente, anche se non Lo vediamo; a vivere lietamente la nostra fede, nonostante l’opacità del presente, proiettati in avanti, verso un domani in cui tutto sarà luce e finalmente Lo vedremo a faccia a faccia.

L’Ascensione, perciò, non è il lieto concludersi di una storia, ma l’inaugurazione del nuovo, di una presenza più amplia. Come il cielo copre la terra, così Gesù con la sua Ascensione avvolge tutto, e nessuno mai più potrà allontanarLo dalla vita del discepolo e del mondo. Lo Spirito Santo che ha reso possibile la sua entrata nella storia, figlio di Dio e di Maria, è lo stesso che nell’Ascensione Lo costituisce Signore nel tempo e nello spazio. Gesù, come una mamma ci precede, è andato a prepararci un posto (cfr Gv 14,2) e, nello stesso tempo, rimane con noi. Nell’annuncio proclamiamo che Gesù ha donato la Vita per tutti, è Salvatore di tutti, e ognuno può proclamarLo con gioia “il Signore”.

 

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