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I borghi del Medio- Vastese: Dogliola

Viaggio alla scoperta dei paesi del Medio -Vastese

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Con trignonet faremo un viaggio storico-culturale tra tutti i comuni del Medio Vastese. Ognuno di essi rappresenta un piccolo centro dove tutti (o quasi)  si conoscono e tutto è a dimensione d’uomo. L’identità della persona è associata al soprannome della famiglia di origine. Spesso i tempi sono molto più dilatati e c’è ancora tempo per prendersi un caffè o fare una partita a carte con un amico. Nella maggior parte dei casi, possono vantare una storia abbastanza remota in quanto una volta le popolazioni si stanziavano verso l’interno per evitare attacchi dal mare.

A volte non serve andare chissà dove per cercare delle bellezze inesplorate. Tante meraviglie sono a portata di mano e basta solo saper guardare con gli occhi del cuore per percepire delle meraviglie inaspettate. 

Ecco la terza tappa di questo viaggio, Dogliola.

(Dal sito del Comune di Dogliola)

 

“La descrizione più antica e articolata del comune di Dogliola è quella che nel 1802 il corografo Lorenzo Giustiniani pubblica nel quarto volume del Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli.

Malgrado la sinteticità del discorso, le parole dell’autore resocontano vivacemente la natura del luogo: “La sua situazione (di Dogliola) è dentro una valle circondata da tre vicine colline, di aria non buona, appena scoprendo un po’ dell’Adriatico verso oriente, dal quale è lontano miglia dodici e quattordici dalla città del Vasto.

Il suo territorio confina con Ripalda da oriente che ne è distante quattro miglia, con Palmoli da occidente distante tre miglia, con Tufillo da mezzodìche l’è distante un miglio e da settentrione con Fresa distante tre miglia. Vi passa il fiume Trigno che ha origine da Capracotta e Vastogirardi. Vi è un piccolo bosco chiamato il Piano.

La caccia di volpi, lepri e volatili non è molto abbondante: e il detto fiume produce barbi e schiemi.

I suoi naturali ascendono a circa 550 tutti adibiti alla sola cultura del territorio dal quale, oltre il bisognevole, ricavano grano sovrabbondante da venderlo altrove ma la massima industria è quella della coltivazione del riso, valendosi delle acque del fiume Trigno, che dista dall’abitato circa un miglio.

Certo, le argomentazioni del Giustignani Rendono con lucida chiarezza la situazione del paese a cavallo tra i secoli XVIII e XIX.

Ma pur non raggiungendo la completezza occorre precisare che si deve al viaggiatore fiorentino Serafino Razzi la menzione realmente più remota di Dogliola nella nota di diario del 30 aprile 1577, ricordando altresì un’etimologia fantasiosa che vuole il toponimo Tegliola (Dogliola) derivato da “piccola teglia”.

Ma rispetto alla tradizione orale codificata dal Razzi, la piccola comunità ne esibisce ancora un’altra che riconnette a “giglio”, l’originario valore sematico del nome di luogo.

Ora se le testimonianze indirette su questa universitas civium sono da ricondurre a quelle appena citate, molto più ricche e documentate risultano quelle relative alle fonti archivistiche.

Anzi, almeno due di esse rivestono un’importanza fondamentale da un lato per la comprensione dell’atteggiamento protonormanno nei confronti dell’Ordo Sanct Benedicti; dall’altro perché viene documentata la traccia più arcaica in Abruzzo di una rivolta antiangioina e filoghibellina, i cui effetti negativi si protrarranno durante tutto il periodo di ancien regime.

Ma andiamo per ordine.

Nell’anno 1115, il giorno 1° maggio, Ugo di Grandinato dona a Giovanni, abate di S.Angelo in Cornaclano, il castello di Dogliola con un ampio territorio i cui confini sono descritti nell’atto di concessione. Così recita il testo originario del documento: “Ideo nos Ugo de Grandinato […] damus, tradimus, concedimus, et confirmamus Castrum Diliolae, quod nostrum est jure proprietatis et patrimonis in monasterio Sancti Angeli in Cornacchiano, et tibi domino abbati Ioanni in perpetuum cum omnibus possessionibus, et tenimentis, et pertinentiis suis […]”

Alla redazione dell’atto sono presenti come testimoni : Adam de Diliola, Paganus de Diliola, Monaldus de Diliola.

Nel 1267 -dopo l’avvento degli Angioini sul trono di Napoli- gli abitanti di Dogliola si allearono con i fautori del partito imperiale “stirpe Federici imperatori” per sollevarsi contro l’abate S.Angelo in Cornaclano.

Di fronte a questa situazione di disordine, i frati benedettini chiedono aiuto ai vassalli di Palmoli per sedare la rivolta e ristabilire l’autorità violata.

Rispondendo favorevolmente all’invito del monastero, i palmolesi riescono a sconfiggere i ribelli “cum opera virtute et vigorositate bellica” e a restituire l’universitas di Dogliola ai feudatari.

Il 16 maggio dello stesso anno, dopo aver riunito tutti gli interessati al suono di campana presso S.Angelo, l’abate Bonagino di Cornaclano, nel concedere indulgenza ai ribelli di Dogliola (rappresentati dai sindaci Guglielmo Grande e Giovanni Berardi).

Ricompensa del loro intervento i vassalli di Palmoli con lo jus di pascere,Acquare e legnare (anche alberi fruttiferi) e nel pernottare nel territorio di Dogliola.

I palmolesi rimangono in possesso del suddetto jus fino al 1490, anno in cui, insorgono controversie con i dogliolesi.

Questi ultimi riescono ad appianarle in proprio favore con sentenza del S.C. del 1494,m limitando l’esercizio di quei diritti alla sola contrada dogliolese di S.Benedetto a Lama.

Nel 1536 si delinea un ulteriore contenzioso tra le due comunità che viene risolto tre anni più tardi (1539) sulla base della precedente sentenza.

Sicche, la terra di Dogliola continuerà a vedere praticati gli usi civici dai palmolesi fin quando, passata nel 1618 sotto il dominio degli Avalos, i marchesi del Vasto spoglieranno di quel jus gli abitanti del comune viciniore, facendo carcerare tutti coloro che entravano nel territorio di Dogliola e facendo altresì bruciare i ridotti e le capanne per le custodie degli animali.

Ma una volta passata sotto il barone Severino (1699), Palmoli chiede di essere mantenuta in possesso dell’antico diritto su Dogliola in fprza delle trascorse disposizioni.

E con una nuova sentenza del febbraio 1712, viene confermato a questo paese l’antico jus, riservandosi però la S.C. le provvidenze rispetto ad alcune pretese del barone dell’università di Dogliola che avevano fatto istanza, in previsione di sentenza in favore dei palmolesi, di essere almeno esclusi dal diritto di costoro i territori demaniali dell’università di Dogliola e quelli dei singoli cittadini.

Dopo i Grandinato e l’abbazia di S.Angelo in Cornaclano, Gentile di Trogisio diventa feudatario di Dogliola. Nel 1601 Troviamo Lodovico Bozzuti signore del luogo che per seimila ducati vende il paese a Dionisio Sanfelice. Due anni più tardi (1603) per ottomilacinquecento ducati, nuovo titolare diventa Ascanio di Astolfo di Celenza. Il figliol di quest’ultimo, Francesco Astolfo, la svende per appena seimila ducati al marchese del Vasto Innigo d’Avalos. Sarà poi lo stesso, nel 1629, che per diecimila ducati trasferirà il feudo a Girolamo del Barone. Ultimi padroni di Dogliola sono i Marzi, che la deterranno fino all’eversione della feudalità (1806). L’infeudazione del paese non va in ogni caso confusa con il Patronato e la badia di S.Maria delle Grazie di Dogliola che, al contrario, pervengono al Principe di S.Buono. Questo specificato regime feudale prende corpo nel momento in cui l’abbazia di S.Angelo in Cornaclano e i suoi feudi (soprattutto Dogliola) vengono passati dalla curia pontificia all’utile signore di Fresagrandinaria (i di Sangro). Il primo abate commendatario da cui dipende la chiesa di Dogliola è Paolo di Sangro (1517). Dopo alterne vicende, il patronato è assunto da Ladislao d’Aquino /morto cardinale nel 1617) per poi essere venduto a Cesare carcciolo di Santo Bono.

In seguito a ciò, avendo il principe di San Buono fatto conoscere che il suddetto feudo era stato posseduto dai suoi avi dal tempo dell’acquisto che ne aveva fatto e continuava quindi ad essere di suo utile dominio, riesce a ottenere, contro la Curia arcivescovile di Chieti (che aveva tentato di usurpare i diritti sopra l’abbazia di S.Angelo inCornaclano), con sentenza della Curia del Cappellano maggiore in data 29 gennaio 1784, che lo stesso feudo sia reintegrato nel possesso dello juspatronato e riconfermato al feudatario e ai suoi successori il diritto di nominare l’abate e gli altri diritti dal feudo Stesso dipendenti. Sopravvenuta la legge del 2 agosto 1806, eversiva della feudalità, il comune di Dogliola promuove giudizio per la divisione dei demani, ed il Commissario ripartitore del re, avendo riconosciuta la qualità feudale del corpo, con ordinanza del 6 ottobre 1810, stabilisce che sia diviso in tre parti di ugual valore, delle quali due da assegnarsi al comune di Dogliola e la terza al beneficio di S.Maria delle Grazie dello stesso paese. Ciò in rapporto ai beni. Quanto alla nomina del beneficiato accade che, il 16 dicembre 1824, il principe Baldassare Caracciolo, in ragione dello juspatronato e della proprietà di diversi legati più laicali della sua famiglia, indicando nominativamente S.Angelo in Cornaclano e S.Maria delle Grazie in Dogliola, commenda il beneficio a don Gregorio Caracciolo che fruisce dalla concessione fino alla morte avvenuta il 10 gennaio 1860. Dopo breve intervallo, con atto del 6 luglio 1860, il principe Riccardo Caracciolo investe del beneficio don Vincenzo Bontempo, parroco di Dogliola.

Capita tuttavia che,nella suddivisione del quarto badiale tra l’università di Dogliola e l’ex barone, Seguendo le stesse proporzioni dell’accantonamento, viene costituita una congrua a favore della parrocchia di Dogliola di ducati 120 garantita da un quadro esecutivo così organizzato: due terzi a carico del comune, il rimanente a carico del Principe. Finchè vive il Bontempo, nessuna controversia insorge sul pagamento di questa passività. Ma la morte del parroco, l’assenza del Caracciolo, la nuova realtà istituzionale emersa dall’Unità d’Italia offrono al comune di Dogliola l’occasione e il modo di ottenere non solo il diritto di nomina con tutti gli altri diritti inerenti al Patronato, ma anche la proprietà privata e allodiale di casa Caracciolo. Il comune investe del titolo e dei beni don Isidoro de Iuliis. Senonchè, non avendo il de Iiliis, ricevuta la nomina di parroco di Dogliola,ma soltanto di economico curato, e non avendo corrisposta la congrua garantita dal quadro esecutivo. L’Economato generale dei benefici, intraprendendo la via coattiva, agisce contro il principe, il quale, nel 1892, inizia azione legale contro il comune di Dogliola. “

 

Fonti: Comune di Dogliola, Trignosinelloturismo, pagina Fb DOGLIOLA IERI E OGGI

 

Foto in copertina DI Billy Bills e alcune foto della galleria sono di Marianna D’Adamio e degli iscritti alla pagina fb di Dogliola ieri e oggi

 

Chi vuole arricchire il contenuto (anche con foto e video) può inviare un messaggio a marianapolitano192@gmail.com o su messenger.

 

Il video dal sito di Trignosinello

 

 

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