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Quante volte anche noi, ogni giorno, facciamo finta di non vedere le persone che ci chiedono un aiuto

Commento al vangelo

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OMELIA XXVI DOM.T.O.C

(Am 6,1.4-7; Sal 145; 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-31

 

Il Vangelo di questa XXVI Domenica racconta la parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro. La vita di queste due persone sono simili, paralleli, però le loro condizioni di vita sono opposte. La casa del ricco è sempre chiuso al povero, che giace lì fuori, cercando di mangiare qualche avanzo della mensa del ricco. Il “ricco” indossa vestiti belli, lussuosi, banchetta felicemente, mentre il povero Lazzaro è pieno di piaghe e muore di fame. Solo i cani si prendono cura di lui, e vengono a leccare le sue piaghe. Questa scena ricorda il rimprovero del Figlio dell’uomo nel giudizio finale: “Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero nudo e non mi avete vestito” (Mt 25,42-43).

Lazzaro rappresenta il grido silenzioso dei poveri di oggi e la contraddizione di un mondo ricco e le risorse appartengono a poche persone.

Gesù dice che un giorno quell’uomo ricco morì: i poveri e i ricchi muoiono, hanno lo stesso destino come tutti noi, non ci sono eccezioni a questo…la morte è per tutti. E allora quell’uomo si rivolse ad Abramo supplicandolo con il nome di “padre” (vv. 24.27). Pretende di essere suo figlio, di appartenere al popolo di Dio. Eppure nella sua vita non ha mostrato alcuna considerazione verso Dio, anzi è stato molto egoista, chiuso nel suo mondo di ricchezza e di spreco di quello che possedeva. Escludendo Lazzaro, non ha tenuto in alcun modo conto né del Signore, né della sua legge. Ignorare il povero significa disprezzare Dio!

Un particolare nella parabola deve essere sottolineato: il ricco non ha un nome, mentre quello del povero è ripetuto un po’ di volte, e “Lazzaro” significa “Dio aiuta”.

Lazzaro, che giace davanti alla porta, è un richiamo forte al ricco per ricordarsi di Dio, ma il ricco non accoglie tale richiamo. Sarà condannato non per le sue ricchezze, ma per essere stato incapace di sentire compassione per Lazzaro e di aiutarlo.

Nella seconda parte della parabola, ritroviamo Lazzaro e il ricco dopo la loro morte (vv. 22-31). Nell’al di là la situazione è cambiata del tutto: il povero Lazzaro è portato dagli Angeli in cielo presso Abramo, il ricco invece precipita tra i tormenti. Dice il Vangelo: “morì anche il ricco…stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui”. Egli sembra vedere Lazzaro per la prima volta, ma le sue parole lo tradiscono: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Adesso il ricco riconosce Lazzaro e gli chiede aiuto, mentre durante la sua vita faceva finta di non vederlo. Carissimi, quante volte anche noi, ogni giorno, facciamo finta di non vedere le persone che ci chiedono un aiuto, un conforto!

Il Vangelo, in sintesi, ci vuole dire che, la misericordia di Dio verso di noi è legata alla nostra misericordia verso il prossimo; quando manca questa, quando abbiamo il cuore chiuso, la misericordia non può entrare. Se io non spalanco la porta del mio cuore al povero, quella porta rimane sempre chiusa. Anche per Dio…e questo è terribile.

A questo punto, il ricco pensa ai suoi fratelli, che rischiano di fare la stessa fine, e chiede che Lazzaro possa tornare nel mondo ad ammonirli. “Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i profeti, ascoltino loro”.

Per convertirci, non dobbiamo aspettare che accadano eventi miracolosi, ma dobbiamo cambiare innanzitutto la nostra mentalità su Dio, aprire il cuore alla Sua parola, che ci chiama ad amarLo e ad amare anche il prossimo.

Carissimi, ascoltando, tutti insieme, questa parabola, possiamo cantare, con le parole della Vergine Maria nel Magnificat: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1,52-53). Amen.

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