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"Tu che porti buone notizie alza la voce: ecco il vostro Dio viene”

Commento al vangelo

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I tempi difficili che stiamo vivendo possono portare al pessimismo. Ogni giorno siamo sommersi da tante cattive notizie: la politica è corrotta, la società è alla deriva, la religione è in crisi, i delitti si moltiplicano, la stupidità e la volgarità dilagano. La Parola ascoltata presenta una buona notizia. “Consolate il mio popolo. Tu che porti buone notizie alza la voce: ecco il vostro Dio viene”.

Se Dio viene, se Dio è con noi, non dobbiamo avere paura del futuro. Come dice la sapienza orientale: “L’arte di essere felici pur essendo poveri si riassume in una frase: potrebbe andare peggio (Li Li Weng). Essere ottimisti significa che anche quando le cose non vanno bene, sei sicuro che andranno meglio. “I tempi sono brutti. Benissimo. Sta a voi renderli  migliori” (Thomas Carlyle).

Rassegnarsi non è vivere. La lamentazione sterile è di solito l’alibi dei pigri, i quali pretendono di essere liberati dai loro mali, ma non muovono un dito per cominciare loro stessi a reagire. Ricorderete anche voi il detto di Confucio: “È molto più importante accendere una piccola candela che maledire l’oscurità. Non fermiamoci alla lamentela e alla critica; muoviamoci per trasformare e illuminare il mondo. “Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità. Un ottimista vede l’opportunità in ogni difficoltà” (Churchill).

Non lamentiamoci se le cose vanno male; domandiamoci, piuttosto, che cosa abbiamo fatto di buono perché vadano meglio. Soprattutto accogliamo l’invito del Vangelo a raddrizzare le vie del Signore, impegniamoci a cambiare la nostra vita, le nostre abitudini, la nostra mentalità. Perché, purtroppo, “tutti pensano a cambiare l’umanità, ma nessuno pensa a cambiare se stesso” (Lev Tolstoj).

Giovanni, con il suo appello alla conversione, ci orienta a vivere l’attesa dell’incontro con il Signore. È un’attesa non stanca e trascinata, demotivata ma resa dinamica dall’invito a preparare le vie del Signore. Nel deserto della nostra vita a volte i cammini sono tortuosi, insicuri, pieni di deviazioni. È necessaria una via decisa, diritta, in cui possiamo appoggiare con solidità i nostri passi per camminare verso il Signore.

Questo cammino ci ricorda Giovanni, deve cambiare la nostra esistenza, deve portare un frutto che il Signore può raccogliere; non può rimanere virtuale, costellato d’intenzioni, adagiato su false sicurezze o su garanzie automatiche. Ciò che Giovanni grida al mio e tuo cuore è sicuramente una parola dura, veramente radicale come il deserto in cui è proclamata. Ma è una parola che prepara a un incontro: l’incontro con Colui che “battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Mt 3.1S).

Se oggi, nel tempo favorevole, nel giorno della salvezza, non prepariamo le vie del Signore e raddrizziamo i suoi sentieri, quando verrà lui stesso e davanti al suo volto, non soltanto le montagne e le colline, ma il cielo e la terra fuggiranno e non si troverà più posto per loro (cfr Ap 20,11), allora dove lo troveremo?(Filarete di Mosca).
 

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