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Gesù è la gioiosa notizia attesa!

Commento al vangelo

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Riferendo a Gesù le parole di consolazione di Isaia (“i ciechi riacquistano la vista…i sordi odono, i morti risuscitano”: Mt 11,5), Matteo ci manifesta che Gesù è la gioiosa notizia attesa. La gioia, però, per diventare il clima interiore che caratterizza l’esistenza del discepolo di Cristo, deve confrontarsi senza sosta con un interrogativo: chi è Gesù? Quale gioia porta all’uomo? Attraverso i suoi discepoli, Giovanni, rinchiuso in carcere, rivolge a Gesù la domanda: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11,3). Alla luce di questa pagina evangelica la figura di Giovanni appare certamente drammatica. Ma il suo dramma interiore e, in fondo, il dramma di ogni credente, di ogni discepolo; anzi, è la lacerazione che fa maturare la fede e rende disponibile ad accogliere nella verità, Colui che deve venire. Giovanni è messo in crisi nel suo modo di concepire Dio e il suo agire nella storia: si scontra con l’inattesa novità di Dio e sente rivolto a lui quell’appello alla conversione necessario per accogliere la straripante gioia del Regno ormai vicino. Allora scopriamo che questa domanda, così carica di esitazione, rivela la serietà del cammino interiore del Battista: è in gioco la verità della sua missione, ma, in fondo, la verità di Dio. C’è un volto di Dio che deve essere testimoniato con la vita, e Giovanni si rende conto che questo volto deve essere trasparente rispetto a tutti i volti di Dio che l’uomo ricerca. Che Messia cerchiamo? Cosa attendiamo da Lui?

Si ha il coraggio di mettere in dubbio le certezze che ci costruiamo attorno a Dio, al suo modo di intervenire nella nostra storia? Spesso, dobbiamo riconoscerlo, siamo troppo sicuri di conoscere Dio, ci smarriamo di fronte al Suo volto che non é così come l’avevamo pensato. Come Giovanni anche noi a volte siamo sulla soglia della tentazione radicale: credere alle proprie certezze o chiedere all’Altro che ci dica, la Sua verità. Giovanni ci insegna l’umiltà della ricerca: accetta di infrangere il suo modo di vedere Dio sulla pietra di inciampo che è Gesù. “Sei tu colui che deve venire…?” (Mt 11,3): con questa domanda Giovanni si apre alla beatitudine promessa da Gesù: “È beato colui che non trova in me motivo di scandalo!” (Mt 11,6).

Non dobbiamo dimenticare, però, che Giovanni pone questa domanda in carcere, cioè rimanendo fedele al cammino intrapreso, accettando l’apparente fallimento e oscurità della fede nel Messia, non allontanandosi dalla verità. Sta anche qui la serietà della sua testimonianza. Serietà che Gesù stupendamente riconosce. Sembra quasi che Gesù, di fronte alla titubanza di Giovanni, vada oltre e si fidi del Suo Precursore: non è una canna sbattuta dal vento, non è un uomo avvolto di morbide vesti (cfr Mt 11,8), è un profeta, un servo della Parola e sà che proprio per la fedeltà a questa Parola giungerà ad accogliere la verità profonda, la rivelazione del volto di Dio in Gesù.

È stupenda questa fiducia di Gesù in Giovanni, del Messia nel Suo profeta. Gesù ha fiducia in chi, nonostante tutto, è fedele a Dio, si è dato totalmente alla Sua parola e fino in fondo, fosse anche nel dubbio, la testimonia. È questa la testimonianza che Gesù vuole da me e te: saper attenderlo fino in fondo, fedeli alla vocazione che ci é data, vigilando per non scendere a compromessi. Giovanni ci insegna uno stile di testimonianza; la serietà della testimonianza. Essa è fatta di essenzialità, di quella radicalità che afferma, nonostante tutto (anche tra dubbi e contraddizioni) l’unica signoria di Dio contro tutti gli idoli in noi e attorno a noi.

Giovanni si interroga su un Messia diverso da come se lo aspettava, ma continua a testimoniarLo. Anche “il nostro compito è di cercare e trovare Cristo nel nostro mondo così com’é, e non come potrebbe essere. Il fatto che il mondo è diverso da quello che potrebbe essere non altera la verità che Cristo è presente in esso e che il suo piano non è andato frustrato né ha subito modifiche; in verità, tutto si svolgerà secondo il suo volere. Il nostro Avvento è celebrazione di tale speranza. Quel che è incerto non è tanto la ‘venuta’ del Cristo quanto l’accoglienza che avrà da parte nostra, la nostra risposta a lui, la nostra prontezza e capacità ad ‘avviarci incontro a lui’. Dobbiamo desiderare di vederlo e acclamarlo, come fece Giovanni, anche nei momenti in cui tutto il lavoro della nostra vita ci sembra che fallisca e perda ogni significato” (Merton).

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