La Santa Liturgia, oggi, ci invita al allargare lo sguardo dal Bambino Gesù a Sua Madre. Luca, con pochi ma intensi tratti, la descrivono profondamente partecipe di quell’avvenimento, nel silenzio: “Custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Maria non soltanto aveva ricevuto e custodito quel Bambino nel Suo grembo ma, poiché si trattava della Parola eterna di Dio fatta carne, Lei la ascolta, soprattutto, la accoglie nel silenzio della fede.
Per questo si dice ancora di Lei, in un'altra pagina lucana: “Beata colei che ha che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45). Maria, perciò, discepola perfetta del Verbo fatto carne, è per noi, modello e maestra di fede. Per noi che tante volte, di fronte a Dio, anziché metterci in silenzioso ascolto, giungiamo perfino ad alzare la voce, per farci sentire, o addirittura per imprecare.
O altre volte riteniamo di definire, e anche bene, quella sorta di debito che pensiamo di avere con Lui dicendo qualche preghiera, o facendo qualche canto. Maria insegna che il rapporto con Dio si gioca essenzialmente nel silenzio, cioè nell’interiorità. Il che non significa necessariamente, o non per tutti, ritirarsi in qualche luogo deserto, significa vivere la nostra esistenza, quella di tutti i giorni, quella che scorrerà nel nuovo anno che ci è dato, di fronte a Dio, con piena confidenza, come figli resi tali dallo “Spirito riversato nei nostri cuori” (Gal 4,6).
Certo, bisogna trovare momenti per aprire il cuore a Dio nella preghiera, ciò però non deve essere un ripetere tante parole, ma, piuttosto, prendere atto di fronte a Lui di quello che stiamo vivendo, gioie e dolori, e disporci, come Maria, a fare quello che Egli chiede. Maria insegna a vivere sentendoci sempre sotto lo sguardo di Dio, che non è uno sguardo che ci controlla, ma che ci sorride, ci apprezza e ci incoraggia, a volte ci può anche richiamare, ma solo perché tiene a noi, e non vuole che ci perdiamo. Per vivere la nostra vita non superficialmente ma in profondità, non da soli ma con Dio, come Maria, dobbiamo rientrare spesso in quel luogo silenzioso di cui disponiamo: il cuore, come lo chiama la Bibbia, o possiamo dire, la coscienza. Là dove stiamo soli di fronte a noi stessi e a Dio.
Quello è il luogo dove possiamo incontrarLo. Il tempio primo e fondamentale perché lì cerchiamo di comprendere ciò che Dio vuole da noi e lì decidiamo di accogliere quello che Egli ci chiede. Se coltiviamo quest’aspetto interiore, la preghiera diventa luce per la vita concreta e l’esistenza si trasforma ogni momento in preghiera. Il Natale si rinnova così ogni momento nella nostra vita perché accade in noi quel prodigio che si è compiuto in Maria: la Parola “si fa carne” (cfr Gv 1,14), Dio si unisce alla nostra condizione umana e la nostra povera vita diventa il luogo della presenza di Dio. Contempliamo, quindi, la “Madre” e purifichiamo la nostra vita da tutto ciò che può aver provocato o procura dispiacere a Suo Figlio e preghiamo perché sia possibile una vita migliore per l’umanità intera, spargendo profumi di pace nel mondo, nei cuori. Noi cristiani abbiamo un dono molto più bello rispetto all’antica benedizione ebraica (cfr Nm 6,24-26): abbiamo Gesù, il Figlio di Dio.
La presenza di Dio nella nostra vita calma o annulla non solo l’amaro che il trascorrere del tempo può provocare nell’esistenza, ma provoca addirittura la nostra divinizzazione. Ci ha donato la Sua stessa vita, che ci rende davvero figli Suoi, eredi del Suo regno (cfr Gal 4,7), destinati a una felicità incredibile. Il volto di Dio nella nostra vita, ha l’impercettibile sussurro dell’erba che cresce. Lo avvertiamo raramente, ma la Sua presenza in noi fa maturare la Sua vita e lascia dietro di noi, se collaboriamo, scie di profumo per il bene di tutti.
Perciò, il tempo che scorre, non passa invano per il credente! Il volto di Dio illumina non solo il tempo che passa, ma anche quello che viene, che è un affluire di possibilità nuove: un germogliare di speranza. Per il credente, il tempo futuro è colmo di occasioni, di appelli, d’imprevedibili accadimenti, fluenti dall’amore e dalle attenzioni di quel volto.
Apriamoci a questa attenzione di Dio: non perderemo mai la fiducia, la speranza, il senso della vita, l’entusiasmo, e ci apriremo al nuovo, al futuro, all’imprevedibile. Chi crede in Cristo sa che il futuro sarà sempre più bello del presente, perchè non dipende dagli anni del calendario. Il tempo, infatti, è portatore di una promessa, che non sarà delusa: il Regno di Dio. La venuta del Regno di Dio è più certa del levarsi del sole, e saremo profondamente incoerenti con noi stessi, anzi, saremmo i “più miserabili tra gli uomini”, se dimenticassimo che il tempo e noi con esso camminiamo verso l’adempimento della storia e delle promesse di Dio.
Ti auguro di iniziare il nuovo anno tenendo presente queste parole di Shakespeare: “Il tempo è lentissimo per chi aspetta. Rapidissimo per chi ha paura. Lunghissimo per chi si lamenta. Brevissimo per chi festeggia. Ma per chi ama il tempo è l’eternità”. Sotto la benedizione di Dio.