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“A che serve avere gli occhi, se il cuore è cieco?”

Commento al vangelo

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L’amore verso Gesù e la fede nelle sue parole non dovevano essere così forti nei due discepoli che, sconsolati e tristi, si allontanavano da Gerusalemme. Abbiamo ascoltato: “I loro occhi erano incapaci di riconoscerlo” (Lc 24,16). Testimoni di eventi eccezionali, eppure non sono in grado di riconoscere l’uomo che cammina con loro. Giustamente è stato detto:A che serve avere gli occhi, se il cuore è cieco? (A. de Mello).

Può accadere anche a noi: la nostra vista può appannarsi e perfino oscurarsi, diventare ciechi! E, tante volte, la cecità spirituale è peggiore di quella fisica! Non riusciamo più a vedere Dio e la sua azione nella nostra vita. Lui cammina con noi, e noi non lo riconosciamo. Cerchiamo segni e miracoli, Lui, invece, avvolge la nostra vita con il suo amore.

Dovremmo ripetere spesso la preghiera:Donaci occhi limpidi, che vincano le torbide suggestioni del male”. È lo sguardo della fede, che dobbiamo chiedere in dono, per essere capaci di vedere trasfigurate le brutture della vita, ma soprattutto, per essere capaci di vedere sempre la sua presenza. Quando dovessimo attraversare crisi di fede; quando ci assale la delusione e la tristezza, chiediamo a Dio di aprire i nostri occhi, perché vediamo che Lui non ci ha abbandonati.

“Si aprirono i loro occhi e lo riconobbero” (Lc 24,31), e la loro gioia fu grande. Sarà grande anche la nostra gioia, se gli occhi della nostra fede sempre sapranno vedere e riconoscere l’azione di Dio. L’apparizione di Gesù ai due discepoli ci ricorda che l’uomo è un essere in cammino ed è chiamato a riconoscere la Parola di Dio che lo interpella continuamente sulla direzione del suo viaggio. Non lo riconoscono. Eppure sono trascorsi solamente tre giorni. Per tre anni avevano ascoltato la parola del Maestro. Per tre anni avevano visto segni e miracoli. Avevano anche predicato insieme!

Tre giorni prima Gesù aveva detto: “Rimanete in me” (Gv 15,4). Non rimangono. Non aspettano. I due decidono di mettersi in cammino verso il loro mondo di prima. Cammino in senso contrario. Emmaus non è la meta: è la non-meta. Cammino di tristezza e di oscurità. Vedono il pellegrino ma non riconoscono il Maestro. Non hanno occhi di fede, perciò non possono riconoscerlo. Il pellegrino inizia il dialogo: “Dio è vicino a chi lo cerca” (cfr Sal 33); e anche a chi non lo cerca. I due si lasciano ri-evangelizzare dalla Parola.

La luce invade la loro fede, la speranza sostituisce le paure e la gioia riempie il loro cuore (cfr Lc 24,32). Il cammino della sofferenza finisce ed è Pasqua per loro. «Resta con noi» (Lc 24,29): è il desiderio dei due, perché tutto sta risorgendo in loro. E nella frazione del pane scompaiono i dubbi, la tristezza e lo scoraggiamento.

Quattro sono le esperienze fondamentali: il camminare, l’ospitalità, la frazione del pane, l’apertura degli occhi. I loro occhi si aprirono allo spezzare del pane e lo riconobbero. Sì, quando l’uomo nel suo cammino di ricerca apre gli occhi alla grazia del Risorto, scopre con gioia che Dio gli è amico e Padre, e Gesù gli è fratello. Si alzano.

La notte non fa più paura perché la fede illumina i loro passi. Cambiano direzione e si mettono in cammino verso la meta: Gerusalemme. È un cammino di ritorno dal loro mondo antico al nuovo mondo di Dio. Non camminano, corrono. Chi si è incontrato col risorto corre. Corre Maria Maddalena (cfr Gv 20,2); corrono le donne che hanno visto Gesù (cfr Mt 28,8); corrono Pietro e Giovanni (cfr Gv 20,4). Corrono i due di Emmaus perché hanno fretta di comunicare l’incontro col Risorto (cfr Lc 24,33). È Pasqua, e Cristo vive in loro. La pedagogia di Gesù ha condotto i due, attraverso la spiegazione cristologica delle Scritture (cfr Lc24, 27) e la fractio panis (cfr Lc 24,30), a ritrovare unità in se stessi, tra di loro e con la comunità cui fanno prontamente ritorno (cfr Lc 24,33-35). La spiegazione delle Scritture fatta da Gesù continua nella Chiesa.

La predicazione ha il compito di annunciare l’evento pasquale e di guidare a Cristo. Proclamare e spiegare le Scritture significano inserirsi nella dinamica pasquale: ogni proclamazione liturgica della Parola dovrebbe essere esperienza di resurrezione grazie allo Spirito che guida chi annuncia e proclama la Parola e interiorizza la presenza del Signore nel cuore di chi ascolta. Il cammino di conversione, cioè di ritorno a Gerusalemme dei due di Emmaus, contiene elementi essenziali per ogni itinerario di conversione.

Anzitutto il rispetto (nel senso etimologico di retro aspicere), guardare in dietro vedendo il passato in modo rinnovato; quindi il coraggio di riconoscere gli errori; infine l’umiltà di cambiare strada e ritornare a Gerusalemme unendosi nuovamente alla comunità da cui ci si è allontanati. È lo stesso cammino che dobbiamo percorrere: dal nostro Emmaus al mondo di Dio in Gerusalemme. Mettiamoci in cammino accompagnati da Cristo via, verità e vita.
 

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