«Ladri di stelle e di jazz
Così eravamo noi, così eravamo noi»
(P. Conte: Sotto le stelle del Jazz)
Ricapitoliamo: e’ chiaro che siamo di fronte uno scenario dove il presidente del Consiglio cerca o ha cercato di apparecchaire un organismo sotto il suo comando che de facto scavalca i ministri e i partiti che ne sono espressione; tutta la politica viene cancellata, resta solo quella di Conte al vertice di una tecnostruttura. Organigramma? Non c'è, questo è un altro punto debole. Verrebbe dato il via libera a un organismo di cui non si conoscono i contorni. È lo stesso accentramento di potere - in versione esponenziale - che abbiamo visto nella gestione dell'emergenza coronavirus: il commissario Domenico Arcuri che comanda su tutti, parla come un ministro, esprime giudizi politici che non gli competono e non sono richiesti per la sua funzione, s'avventura anche a disquisire di liberismo, con tutto quello che ha da fare.
Il “contismo “allo stato nascente è Arcuri, quello che seguirà con la gestione del Recovery Fund sarà l'apoteosi di questo metodo di governo.
Qui il tema è il potere di Conte, non di un ministro o due, in discussione c'è la struttura che il premier cerca di varare (o imporre?) per controllare la gestione del Recovery Fund. Conte con questo organismo ai suoi ordini sarebbe il presidente del Consiglio più potente dal dopoguerra a oggi. Si può gestire così il paese che ha la seconda manifattura d'Europa? No, ma abbiamo visto che finora è andata così, senza alcuna programmazione per il futuro, allargando il debito pubblico e poi domani si vedrà. Si tratta di un'operazione spericolata, lo vede chiunque, il rischio di finire un domani molto vicini alla situazione della Grecia - dove il Parlamento non muove uno spillo se non c'è il via libera di Bruxelles - è concreto, ma nello stesso tempo avvolto dalla cortina fumogena del debito che galoppa. "Paga lo Stato". Spericolata perche’ sono (come ha scritto Domani) “previste assunzioni senza concorsi e stipendi senza limiti per lo staff a disposizione del premier. Come Conte vorrebbe costruirsi un vero governo nel governo, un comitato esecutivo che risponde al Ciae (Il Comitato interministeriale degli affari europei), quindi due livelli di separazione dal Consiglio dei ministri. Nessun coinvolgimento vero e serio del parlamento , e una capacità di assunzioni e di spesa assoluta, in deroga a tutto, all’obbligo di fare gare per usare aziende, a quello di fare concorsi per il personale, ai controlli della Corte dei conti e con il coinvolgimento di dirigenti delle società pubbliche controllate dal ministero del Tesoro. Il tutto, ovviamente, governato per Dpcm senza passare quindi dal parlamento e neppure dal controllo preventivo della presidenza della Repubblica, come capita per i decreti legge. “
Riuscirà Conte nella sua impresa?. È solo un gioco di fumo e specchi, la vera partita è quella sul Recovery Fund e Matteo Renzi -lo dico da antirienziamo convinto-è quello che l'ha colta meglio di tutti. E annoto:
1) dopo aver reso possibile il bis di Conte, Renzi ha capito che il premier sta stritolando i partiti alleati (e logorando quelli all'opposizione) per costruirne o ereditarne uno quando avrà consolidato la sua fortuna politica con il Recovery Fund;
2) più tempo passa, più sarà difficile (e alla fine sarà impossibile) far cadere Conte, perché avviato il Recovery Fund, tutto si complica e per "Giuseppi" la corsa sarà in discesa (ma servono sempre i freni);
3) il momento migliore per innescare la crisi è tra la fine e l'inizio dell'anno, subito dopo la manovra, prima del varo del piano sul Recovery Fund.
Che crisi sarebbe? Abbiamo già visto con la sortita a vuoto di Matteo Salvini nell'agosto del 2019 che aprire crisi al buio significa cadere nelle trappole sparse: e dunque serve un'idea per non finire nella buca. Come si fa? La Prima Repubblica offre la cassetta degli attrezzi: si disegna la parabola di una crisi pilotata. Chi la fa? Qui serve il Divo Giulio.
Giulio Andreotti diceva che tirare a campare è meglio che tirare le cuoia, ma la realtà è che a guadagnare da questa situazione è solo il premier Conte. Sempre per restare nel regno delle massime andreottiane, il potere logora chi non ce l'ha (dunque prima di tutto l'opposizione senza alcuno sbocco di Lega e Fratelli d'Italia - cosa che Silvio Berlusconi ha colto e sfrutta per guadagnare spazio di manovra) e chi ne ha poco (di potere) un domani si ritroverà ancora davanti non solo l'ego ipertrofico di Conte, ma anche un ex avvocato del popolo ormai divenuto politico tout court, forte di un consenso acquisito a colpi di miliardi di euro spendi e spandi. Si tratta di una situazione che si può sbloccare solo con una crisi pilotata che potrebbe avere queste sembianze: si apre il caso (uno qualsiasi, tutto fa brodo se parte la rumba) in aula, il premier è costretto a chiedere la fiducia - o lasciare senza parlamentarizzare la crisi - si aprono consultazioni per un altro governo e un altro premier. Naturalmente tutto questo deve fare i conti con il Quirinale: Sergio Mattarella ha consigliato prudenza a tutti solo pochi giorni fa, segno che lo scioglimento delle Camere in caso di crisi non è una faccenda remota. Andare a votare? Nessuno vuole suicidarsi. Rimpasto? Possibile, ma per fare cosa?
Il problema è che aprire una crisi in queste condizioni appare una follia: in piena crisi pandemica, con piano per il Recovery Fund da scrivere (quello presentato è un album al quale mancano le figurine, i ruoli in campo, tutto), la più grande campagna di vaccinazione della storia da avviare, il 2021 che presenterà il conto del secondo virus, quello del collasso dell'economia. Tutto sembra condurre a un esito andreottiano: tirare a campare.