Il 17 gennaio è la festa di S. Antonio abate! La spiega Franco Valente

Franco Valente
17/01/2021
Attualità
Condividi su:

La prima vita di S. Antonio fu scritta da Atanasio, vescovo di Alessandria d’Egitto, suo contemporaneo (IV secolo).

La vita venne tradotta in latino da Evagrio nel 374 e si diffuse così la sua fama.

La Storia

Antonio nato intorno al 250 d.C., muore all’età di 105 anni.

Di famiglia copta, nobile e ricca fu rispettoso verso i genitori. Vendette tutto per i poveri. Fece vita solitaria nel deserto. Tormentato dal diavolo che gli appariva sotto varie forme. Molti monaci lo seguirono presso il monte Pispir. Si diffuse la fama di taumaturgo. Finì la sua vita nella Tebaide, deserto verso il mar Rosso.

Suo contemporaneo fu S. Paolo eremita (vita scritta da S. Girolamo nel 375). Vissero anche insieme e un corvo portava loro da mangiare. Prima di morire Paolo donò ad Antonio il suo mantello fatto di foglie di palma.

Antonio, avvolto nel mantello, venne sepolto dai monaci in luogo che rimase sconosciuto.

La leggenda

Ritrovamento e traslazione delle reliquie.

Teofilo, vescovo di Costantinopoli, sognò l’arcangelo Gabriele che rivelò la regione dove era sepolto Antonio. Partì una spedizione che passò per Gerusalemme, Betlemme, Alessandria fino al deserto egiziano.

I monaci non sapevano il luogo esatto della sepoltura.

Apparve di nuovo l’arcangelo Gabriele che rivelò il luogo. S. Antonio apparve nelle nuvole. Due leopardi scavarono e trovano le ossa. Le riconobbero perché avvolte nel mantello di foglie di palma.

Durante il viaggio di ritorno cinque lebbrosi vennero guariti, tre uomini dilaniati vennero resuscitati, Daniel venne esorcizzato. Effron, figlio del signore di una città, ingiustamente impiccato, venne salvato. Teofilo venne bloccato ad Alessandria da quaranta soldati che non riuscirono a trattenerlo. Arrivò a Costantinopoli e le reliquie, messe in una cassa di avorio, vennero custodite dai due leopardi.

La leggenda di Teofilo è del XII-XIII secolo.

La fama si diffuse in Occidente e le reliquie vennero trasferite nel Delfinato nel sud della Francia nel 1083 ad opera di Jocelino, nel monastero benedettino di Montmajour (Arles). Nel XII secolo nacque la comunità laica degli “Ospedalieri” di S. Antonio che accoglievano i pellegrini che venivano per i miracoli. Otto compagni vennero raccolti dal nobile Gastone il cui figlio fu guarito da Antonio che gli apparve.

IL TAU

Gli Ospedalieri hanno come simbolo il TAU, il bastone della potenza (S. Antonio aveva resuscitato un morto che credeva addormentato presso la porta della sua cella). Costruirono una propria chiesa nel 1181. Si opposero i benedettini. Il movimento degli Ospedalieri si diffuse rapidamente in tutta Europa. Benedettini e antoniani litigarono per la spartizione delle offerte a Montmajour.

Bonifacio VIII li autorizzò a costituirsi in congregazione agostiniana. Fu la vittoria degli Anoniani che divennero potentissimi anche economicamente e si presero le reliquie previo esborso di grandi somme. I benedettini misero in dubbio di aver consegnato il corpo di S. Antonio.

Finalmente si scoprì che il sepolcro degli Antoniani era vuoto. Il papa obbligò i benedettini a trasferire il corpo di S. Antonio in un’altra chiesa di Arles. Per chiudere tutto il papa Alessandro VI nel 1495 sciolse il monastero benedettino.

Nel privilegio di Bonifacio VIII del 1297 si fa riferimento all’antica consuetudine di allevare maiali.

LA SCROFA

La leggenda della scrofa dai maialini ciechi e senza gambe.

Alfonso Buenhombre, domenicano, nel XIV secolo racconta che Antonio fu traslato miracolosamente a Barcellona davanti al palazzo del re arabo. Si presentò davanti a lui una scrofa con un maialino in bocca che come gli altri maialini partoriti era cieco e senza le gambe anteriori. Antonio guarì i maialini. Il re lo venne a sapere e chiamò Antonio per guarirlo dalla sua malattia. Il re venne guarito e si convertì con la sua città al cristianesimo.

IL TINTINNABULUS (Campanello)

E l’elemento di riconoscimento dei maiali di S. Antonio che non possono essere toccati anche se in libertà

LA FIAMMA

L’ignis sacer (il fuoco della pelle) viene guarito da S. Antonio.

L’ignis sacer viene assimilato al fuoco dell’inferno.

 

Leggi altre notizie su IlTrigno.net
Condividi su: