LE CENERI SPIEGATE DA FRANCO VALENTE

Franco Valente
21/02/2021
Attualità
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DIVENTEREMO POLVERE, MA ANCHE VERMI! A S. Maria della Strada di Matrice: l’uomo verme e l’uomo ragno.

All’interno della Basilica di S. Maria della Strada, nella parte più bassa dell’abside di sinistra è sistemata una pietra che presenta un verme strisciante con la testa di uomo.

A circa un metro e mezzo da terra un’altra pietra reca l’immagine di un ragno che ugualmente ha una testa di uomo.

Le posizioni delle due rappresentazioni hanno chiaramente un significato simbolico che comunque si ricollega al ciclo di rappresentazioni che si distribuiscono all’esterno sulla facciata e sul portale laterale.

Anche se non si tratta di figurazioni ricorrenti nel vasto e variegato panorama delle rappresentazioni fantastiche che caratterizzano la quasi totalità degli edifici religiosi dell’alto e del basso medioevo, esse costituiscono due ulteriori elementi a conferma dell’esistenza di un programma iconografico che complessivamente si ispira alle visioni apocalittiche giovannee integrate da citazioni bibliche particolarmente significative per il loro valore universale.

Non vi sono dubbi che l’immagine del verme debba essere associato alla degradazione della carne e in particolare alla decomposizione del corpo umano dopo la sua morte terrena.

La Bibbia più di una volta fa riferimento alla condizione umana per esaltare la grandezza di Dio.

Nel libro di Giobbe si esalta la sovranità e la potenza di Dio con il brevissimo discorso di Baldad il Suhita: "A lui appartiene la potenza e la maestà, è lui che stabilisce la pace negli alti cieli. Si possono forse contare le sue milizie? E su chi mai non sorge la luce? Come dunque può essere giusto l’uomo presso Dio e come può essere puro il nato dalla donna?

Ecco perfino la luna è senza chiarore e le stelle non sono terse agli occhi suoi: quanto meno l’uomo, questo verme, l’essere umano, questo bruco!" (Giobbe 25,6)

Isaia a sua volta riprende dal libro di Giobbe insistendo nel paragonare la condizione dell’uomo a quella del verme: "Non temere, o verme di Giacobbe, o uomini d’Israele! Io ti aiuto dice l’Eterno; Il tuo Redentore è il Santo d’Israele." (Isaia 41,14).

Nei Salmi del re Davide il riferimento al verme aiuta a riconoscere la caducità della vita: "Eppure tu sei il Santo, siedi circondato dalle lodi d’Israele. I nostri padri confidarono in te; confidarono e tu li liberasti. Gridarono a te, e furon salvati; confidarono in te, e non furono delusi. Ma io sono un verme e non un uomo, l’infamia degli uomini, e il disprezzato dal popolo.Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo, dicendo: «Egli si affida al Signore; lo liberi dunque; lo salvi, poiché lo gradisce!»" (Salmi 22, 4-7)

Ancora Isaia utilizza l’immagine del verme per rappresentare la condizione dei condannati al fuoco eterno: "E avverrà che di novilunio in novilunio e di sabato in sabato ogni carne verrà a prostrarsi davanti a me, dice l’Eterno. Quando essi usciranno, vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro di me; poiché il loro verme non morirà e il loro fuoco non si estinguerà, e saranno in orrore ad ogni carne." (Isaia 66,23-24)

Allo stesso modo l’evangelista Marco: "Ora, se la tua mano ti è occasione di peccato, tagliala; è meglio per te entrare monco nella vita, che avere due mani e andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore e il fuoco non si spegne. (Marco 9, 43-44)

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