La sera di domenica 20 giugno sono andato alla Festa del Rifugiato. A Piazza San Nicola, dove andavo da bambino. Allora, cinquant'anni fa, il parroco ci insegnava a rispettare e ad aiutare i poveri, i neri, gli ultimi e ce li faceva spiegare da don Ciotti. Sentivamo Fabrizio De André, che cantava di suicidi, puttane, bombaroli, nani e diseredati vari, mentre nello studio del nostro giovane parroco giganteggiava la foto di Don Lorenzo Milani, il prete che aveva scritto ad una professoressa contro la scuola di classe.
Allora tutto era di classe, anche da noi. Mezzo secolo fa i medici erano appellati col don, mentre i figli degli operai andavano a scuola per diventare medici. A San Salvo i primi medici senza il don furono Ugo, Aldo ed Erminio, che ora sono pensionati.
La Chiesa li aiutava i poveri. Ma la sinistra diceva che non era sufficiente aiutarli facendo la carità e che bisognava cambiare il sistema sociale per eliminarla alla radice la povertà. Quando Nino, un mio compagno di liceo, mi fece leggere Il Manifesto, decisi che la sinistra aveva ragione. Del resto su quel libro c' era scritto che le classi erano sempre esistite e si erano sempre azzuffate tra di loro. E c'era scritto che per abolire la povertà bisognava dare allo Stato i mezzi per produrre eppoi distribuire a tutti la ricchezza prodotta e non solo ai ricchi. C' era scritto che eliminando i privilegi sarebbero scomparsi pure i poveri... altro che il cammello nella cruna dell' ago.
Ma la "mia" sinistra, quella che voleva abolire le ingiustizie sociali, duro' una decina di anni: da quando ero uscito dalla Parrocchia fino alla caduta del muro. Dopo quella caduta, i Paesi poveri dell' Africa non potevano più ribellarsi: la Russia non li avrebbe più difesi, perché aveva altro a cui pensare.
Qualche anno dopo fu fatto morire esule pure un socialista italiano che l' Onu aveva incaricato della eliminazione dei debiti del terzo mondo. E dopo ancora la sinistra (anche in Italia) cominciò a dire che lo Stato si doveva fare un po' di più i fatti suoi. E che, se proprio si dovevano spendere soldi pubblici, poi comunque il bilancio andava rimesso a pareggio. E la gente, pensando che il bilancio pubblico fosse come quello privato, ci credette, ma poi ne restò irreparabilmente delusa.
Il risultato di questo "strano" trentennio (dalla caduta del muro ad oggi) l' hanno raccontato i ragazzi di San Nicola alla Festa del Rifugiato: guerre in Libano, Libia e in altre parti dell' Africa; fabbriche che chiudono; pandemie. Quindi migranti che attraversano i mari e che, se non affondano, arrivano da noi; nostri coetanei che perdono il lavoro; crollo dei settori ricettivi per i lockdown. Insomma, molti più poveri di prima, senza nessuno che pensi più ad abolire povertà, miseria, sfruttamento.
Tre anni fa un giovane politico si affacciò da un balcone di Roma, dicendo che con 10 miliardi appena stanziati sarebbe stata abolita la povertà. In realtà con quei 10 miliardi si finì per aiutare un po' di poveri e un po' di furbi.
E' tempo di ricominciare a pensare che questo ordine economico crea povertà a go go: gli economisti dovrebbero pensare a come distrubuire la ricchezza in modo equo, cosa di cui si occupa solo Francesco, che non è un economista. Però per fortuna che c' è lui e per fortuna che ci sono i suoi ragazzi nelle Parrocchie, che i poveri li aiutano per davvero.
Quasi quasi mi viene voglia di rientrarci in Parrocchia: visto che non crediamo più possibile eliminare la povertà, quanto meno un po' di poveri li potremmo aiutare.