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Il carciofo, tanta tradizione nella vallata del Trigno

Anche Neruda descrisse le virtù del carciofo

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La stagione primaverile volge decisamente al suo culmine, giornate che divengono sempre più soleggiate e che riscaldano l’aria e portano via i freddi invernali. La nebbia che negli ultimi giorni sembra aver fatto capolino sulla vallata del Trigno si sta diradando velocemente: decidiamo quindi di effettuare una bella uscita per i viottoli delle campagne.

Camminare all’aria aperta è sempre fonte di meraviglia, soprattutto in questa fase dell’anno, ovvero quando ci sono alberi in pieno fiore ed altri con le prime foglioline già formate, segno, questo, che la natura si sta risvegliando dal ‘letargo’ invernale. Nei campi e negli orti destano la nostra curiosità dei piccoli filari, simili a cespuglietti: sono le piante dei carciofi, che in questo periodo esprimono tutto il loro vigore, delizia per il palato.

Dopo la camminata decidiamo di acquistare proprio alcuni carciofi, scoprendo che si tratta della varietà ‘mazzaferrata’ e, una volta a casa, tra le varie ricette ne scegliamo una davvero golosa. Prepareremo ‘scarciofine arichiene’, i carciofi ripieni, una delle preparazioni che più si legano alla tradizione locale del vastese e del Trigno, una di quelle ricette che vengono tramandate di generazione in generazione e di cui ogni famiglia ci mette del suo, personalizzandone ingredienti e preparazione.

In genere la preparazione prevede l’utilizzo di ingredienti semplici, come: mollica del pane, uova, olio, prezzemolo, formaggio grattugiato, aglio, sale, acqua, pepe rosso dolce in polvere.

I carciofi sono ora in cottura, il loro profumo si espande per la casa e questo ci fa capire perché anche Pablo Neruda, nella sua ‘Ode al carciofo’ ne descrisse le virtù:

'Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero,
ispida edificò una piccola cupola,
si mantenne all'asciutto sotto le sue squame,
vicino al lui i vegetali impazziti si arricciarono,
divennero viticci,
infiorescenze commoventi rizomi;
sotterranea dormì la carota dai baffi rossi,
la vigna inaridì i suoi rami dai quali sale il vino,
la verza si mise a provar gonne,
l'origano a profumare il mondo,
e il dolce carciofo lì nell'orto vestito da guerriero,
brunito come bomba a mano,
orgoglioso,
e un bel giorno,
a ranghi serrati,
in grandi canestri di vimini,
marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno:
la milizia.
Nei filari mai fu così marziale come al mercato,
gli uomini in mezzo ai legumi coi bianchi spolverini erano i generali dei carciofi,
file compatte,
voci di comando e la detonazione di una cassetta che cade,
ma allora arriva Maria col suo paniere,
sceglie un carciofo,
non lo teme,
lo esamina,
l'osserva contro luce come se fosse un uovo,
lo compra,
lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe,
con un cavolo e una bottiglia di aceto finché,
entrando in cucina,
lo tuffa nella pentola.
Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo,
poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta
del suo cuore verde'.

Dopo circa quaranta minuti i carciofi ripieni sono pronti da gustare e, credetemi, ne vale davvero la pena.

Uno degli appuntamenti legati a questo prodotto della terra è il ‘Festival del carciofo’ di Cupello, dal 22 al 25 aprile 2016, un’occasione per apprezzare il carciofo mazzaferrato. 

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