In molti abbiamo vissuto la caduta di un orizzonte stabile e condiviso e al suo posto abbiamo visto comparire una anarchia di sistemi che si sono rincorsi nella varie “prima, seconda, terza repubblica” e quella che apparentemente sembrava una libertà ritrovata lontana da ideologie e appartenenze non ha provocato fenomeni di evoluzione della società ma una intensa insicurezza, una forte alienazione, uno spaesamento, perché tutto era reso come le famose vacche di Hegel che nella notte sembrano tutte nere. Questo spaesamento culturale è diventato terreno fertile per populismi di destra e di sinistra.
In questo scenario occorre ricostruire le ragioni di un impegno, culturale, sociale e politico che prenda le mosse da quella che è la migliore radice culturale e politica del nostro Paese. Intendo riferirmi alla cultura del popolarismo sturziano come si è evoluto nel suo incontrarsi con il liberalsocialismo. Quando nel 2007 si fece la fusione a freddo che portò alla nascita del PD fu appunto una fusione che riguardò gruppi che facevano riferimento a posizioni culturali e politiche diverse con la scommessa di renderle reciprocamente fruibili per dar vita ad una nuova dimensione culturale e programmatica. Oggi dobbiamo prendere atto del fallimento di quel sogno. Un sogno infranto sulla incapacità di elaborazione culturale messa in campo e, principalmente, sulla riduzione dell’idea partito ad Arena di scontro tra anime diverse per il posizionamento elettorale e di potere. Uno svuotamento costante e continuo di reale dialettica, di confronto, di dibattito, di incontro. Una riduzione ulteriore, direi appiattimento, del Partito sugli eletti di ogni livello. Il Partito è arrivato a coincidere con la pattuglia di Sindaci, consiglieri, governatori, parlamentari. Il Partito era scomparso ed era diventato una lobby elettorale a servizio degli eletti stessi. L’idea di partecipazione e di elaborazione di proposte è stata lasciata ad altri. Ai grillini che con la chimera della partecipazione dal basso, dell’uno vale uno, dei referendum continui, hanno riempito il vuoto lasciato dal Partito Democratico.
Il ritorno all’impegno politico, passionale e di vicinanza, è la scommessa che dobbiamo accettare. Sono convinto che possiamo sognare la politica come #amiciziacivica , come luogo di costruzione comune, di incontro e di confronto, di passione condivisa. La crisi pandemica che stiamo attraversando sta caratterizzando un passaggio di epoca. È il tempo della costruzione, per dare corpo alle attese della nostra gente, dare risposta alla caduta di speranza, dare forma ad un nuovo progetto politico. Sento bruciarmi addosso il dovere della speranza, l’ostinazione della speranza. Mino Martinazzoli, uno dei grandi popolari, ci ricorda che “Non dobbiamo essere né astiosi, né reattivi. Se abbiamo certezza delle nostre ragioni ci tocca dimostrarle e non abbandonare il campo.” Lavoriamo insieme senza timore alcuno, il tempo è maturo.