La Cripta di S. Casto a Trivento nel Molise è uno dei luoghi più affascinanti sia per i suoi valori religiosi che per la sua composizione spaziale, per i significati simbolici e per la ricchezza dei suoi elementi architettonici.
Sulla certezza che a Trivento vi sia stata la presenza fisica di S. Casto nel I secolo della Cristianità si è già pronunziata ufficialmente la Chiesa di Roma che ha definitivamente posto in dubbio una tradizione che già da tempo era apparsa poco credibile.
Diversa è la questione della presenza delle reliquie di S. Casto che, invece, appare molto più semplice da risolvere in senso positivo.
Il problema, che meriterebbe una più ampia riflessione, può essere affrontato in questa sede in maniera necessariamente sintetica se non altro solo per stabilire se sia confermabile che almeno dal 787 nella Cattedrale di Trivento si siano conservate reliquie appartenenti ad un santo di chiara fama.
In quell’anno, infatti, a conclusione di una drammatica stagione iconoclasta, con il Concilio di Nicea II (24 settembre – 23 ottobre 787), si era sancito definitivamente l’obbligo per i Vescovi di tenere nelle chiese, insieme all’immagine delle figure sacre, anche le reliquie dei santi. Per cui, ciò che nel passato era stata semplicemente una facoltà, divenne un obbligo per i vescovi, come espressamente recitava il Canone VII: “Comandiamo che nelle chiese che sono state consacrate senza le reliquie dei santi martiri, venga fatta la deposizione delle reliquie, naturalmente con la consueta preghiera. Da oggi in poi un vescovo che consacrasse una chiesa senza reliquie, sia deposto per aver trasgredito le tradizioni ecclesiastiche”.
Il 787 è una data importante anche per la Longobardia Minore perché in quell’anno moriva il principe-duca Arechi II che, nella tradizione popolare, sarebbe stato colui che avrebbe consentito ad un nobile beneventano, Madio Carioso, di traslare le reliquie di S. Casto da Trivento a Benevento.
Siamo, cioè, proprio nel periodo in cui il culto per le reliquie assumeva una particolare funzione, e non solo liturgica, perchè il possederle assicurava una serie di garanzie nel processo di salvezza dell’anima di colui che sarebbe stato seppellito nello stesso luogo in cui era sepolto il corpo del santo.
Se, dunque, alla fine di quell’anno la Chiesa imponeva, senza deroghe, la presenza di reliquie nelle basiliche, è immaginabile che proprio in quell’anno si sia proceduto ad una traslazione di S. Casto?
E’ molto probabile che, nella realtà, in quel periodo si sia proceduto alla traslazione solo di una parte del corpo di S. Casto e che un’altra parte sia rimasta a Trivento.
Ma la cosa è difficilmente dimostrabile.
A risolvere il dubbio nella cripta ci servirebbe una tomba o, comunque, un reliquiario che attesti l’esistenza di una qualche cosa deputata alla conservazione delle reliquie.
Per quello che è dato conoscere non esiste alcun documento scritto, alcuna cronaca e alcuna sopravvivenza archeologica che possa in qualsiasi modo dimostrare ciò.
Anche il cosiddetto altare che oggi si vede sembra sia frutto di una moderna (o comunque non originaria) ricomposizione di due pezzi antichi in cui nessun elemento lascia intravedere l’esistenza di un ripostiglio per le reliquie.
Ma la questione appare ancora più complessa se si ritiene di far risalire al periodo longobardo-carolingio (post 774) la realizzazione della cripta nella forma che oggi vediamo.
I caratteri architettonici, se comparati a quelli di S. Vincenzo al Volturno e alle basiliche carolinge più o meno coeve, dotate di cripte, ci fanno escludere che la cripta di Trivento possa essere ricondotta al periodo di Arechi II, o addirittura ad un’epoca precedente.
La soluzione al problema della datazione della cripta, invece, appare molto più semplice se mettiamo in un certo rapporto alcuni elementi sicuramente indiscutibili: l’introduzione del culto per i santi Nazzario, Celso e Vittore e la dedicazione ad essi della cattedrale triventina.
Anche per il culto di questi santi si fa riferimento ad una improbabile traslazione che sarebbe avvenuta nel 398 quando le teste di Nazzario e Celso sarebbero state trasferite addirittura da Milano a Trivento per decisione di S. Ambrogio che in quel periodo le avrebbe scoperte. Però non vi è un solo storico della Chiesa disposto a dare credibilità a questa fantastica ipotesi.
Era talmente dubbioso anche il vescovo triventino Attilio Adinolfi che, per evitare polemiche e contestazioni sull’autenticità delle reliquie, nel 1929 fece traslare da Roma alcune reliquie autenticate di S. Nazzario e S. Celso che furono unite a quelle localmente attribuite ad essi. Qualche anno dopo, nel 1934, furono aggiunte anche le reliquie autenticate di S. Vittore.
Credo che proprio la dedicazione ai santi Nazzario e Celso possa aiutarci ad aprire una finestra per una diversa interpretazione dei fatti e per dare una data attendibile della realizzazione della cripta.
E’ certamente singolare che di tutti coloro che si sono occupati di mettere in ordine le vicende storiche della cattedrale di Trivento, solamente mons. Ennio De Simone, in un suo scritto sulla diocesi di Trivento, abbia dato un giusto risalto ad un documento epigrafico che gli altri hanno sempre ignorato o sottovalutato.
Si tratta di una iscrizione che oggi si trova in vista sul primo pilastro di destra della basilica e che in tempi passati (e sicuramente prima delle trasformazioni ottocentesche) era posta in luogo poco visibile, in prossimità del cornicione. Purtroppo il testo richiamato dal De Simone oggi appare molto rovinato, ma la sua originaria trascrizione lo rende sufficientemente chiaro: MILLESIMO SEPTAGESIMO SEXTO ANNO AB INCARNATIONE DNI NRI IHS XPI INDICTIO QUARTA DECIMA IDIBUS MAJI DEDICATIO SC.ORUM MARTIRUM NAZARII ET CELSII.
De Simone ritiene importante la circostanza che l’avvenimento sia accaduto il 15 maggio e collega a tale data il motivo per cui nella cattedrale di Trivento il 14 maggio di ogni anno si tenga una solenne celebrazione priva di riferimenti particolari.
Gli altri dati dell’epigrafe vengono ignorati. Anche mons. Vincenzo Ferrara nella sua opera, sembra non dare particolare importanza alla pietra.
A noi invece sembra che vi siano almeno due elementi che possano aiutarci a capire molte cose.
Prima di tutto la data dell’avvenimento: 1076. Poi la dedicazione ai santi Nazzario e Celso.
La data del 1076 per il territorio di Trivento rappresenta un momento di particolare importanza per i rapporti che si erano concretizzati con Montecassino dove l’abate Desiderio aveva avviato una vera e propria rinascita spirituale, culturale e, soprattutto, organizzativa divenendo uno dei riferimenti importanti per la Chiesa cattolica che lo portò fino al soglio di Pietro quando divenne papa nel 1086 con il nome di Vittore III.
Peraltro la sua azione fu particolarmente efficace anche sul piano architettonico venendo attribuite alla sua persona anche le progettazioni delle basiliche che caratterizzarono il suo tempo.
(9 Luglio 2008)
PER CHI VUOLE APPROFONDIRE
https://www.francovalente.it/.../la-cripta-di-s-casto.../