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Il calcio ha bisogno di Mancini e del mancinismo

l'editoriale di Sante D'Alberto

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A MENTE SERENA… va riconosciuto a questa Nazionale il giusto merito e ringraziamento per il risultato ottenuto. Qualche giorno prima della finale avevo scritto che: MAL CHE VADA ABBIAMO GETTATO LE FONDAMENTA.  Siamo andati, anzi sono andati ben oltre sono stati eretti i muri portanti e posizionato gli architravi. L’Italia ha vinto un campionato Europeo in casa degli Inglesi contro gli Inglesi e le loro rudità. Un torneo che non si vinceva dal 1968 nonostante nelle ultime 6 edizioni abbiamo disputato 3 finali di cui una persa all’ultimo minuto nel 2000 e l’altra siamo stati bullizzati dalla Spagna tiki-taka del 2012. Nonostante sembrasse ieri, sono passati anche 15 anni dalla notte di Berlino da Campioni del Mondo. Nel mezzo alti e bassi, anzi più bassi. Abbiamo assistito ad un costante cambio di allenatori di emergenza senza mai costruire un progetto sulla prospettiva: il giovane Donadoni, il ritorno di Lippi, la scommessa Prandelli, la speranza di Conte, la sVentura e poi finalmente Mancini. Sicuramente è troppo facile elogiare Mancini oggi ma è pur vero che gli va riconosciuto il merito assoluto della vittoria degli Europei. Ha costruito una squadra di uomini prima di costruire una squadra di calciatori. Ha messo assieme persone normali e senza manie di protagonismo, non ha ceduto ai “depliant” di procuratori e società, non ha tenuto conto di critiche e obiezioni sul suo operato. Ha creato uno staff qualificato e soprattutto coeso intorno a lui e intorno al suo progetto. Non si è lasciato condizionare da logiche spartitorie a cui ad ogni ambito “pubblico” spesso si fa ricorso. Mancini ha scelto come suoi collaboratori non i migliori, ma ciò che lui riteneva i migliori e ha avuto ragione. In ogni team l’aspetto organizzativo è determinante e il gruppo di lavoro deve essere in assonanza tra di loro e soprattutto con il leader o il riferimento dello stesso. Mancini ha avuto la capacità di convincere tutti della giustezza del suo progetto e tutti hanno amplificato il suo pensiero esaltandolo senza mai porre correzioni in pubblico.  Se ha avuto dei panni sporchi da lavare, li ha lavati in casa e al di fuori si è sentito solo profumo di marsiglia. I calciatori, ovviamente, mai si sono permessi di mettere in discussione una scelta tecnica, una sostituzione o addirittura una convocazione proprio perché hanno percepito graniticità del progetto, la credibilità e autorevolezza del mister.  Ricordate le “mattità” di Balotelli? Ricordate le Cassanate? Oppure i Zaza e Pellè? Bene, con Mancini non è avvenuto e difficilmente assisteremo a episodi simili in quanto il pericolo lo evita all’origine. Mancini ha dimostrato che per essere una squadra forte bisogna essere stretti intorno ad un progetto e crederci fortemente, per essere vincenti non c’è bisogno del “campeon” che decide la partita ma che le partite le decidono tutti i componenti ed ognuno di essi è fondamentale per raggiungere il massimo risultato. Invece troppo spesso ci si è affidati ai singoli che in molte circostanze sono stati dei veri e propri flop con risultati deleteri per il progetto complessivo.

A cosa è servito Balotelli o Cassano al calcio Italiano? A Nulla, semplicemente a nulla. Anzi no, hanno generato solo cattivi esempi per le giovani generazioni. Il nostro calcio ha bisogno di persone normali, di uomini e non di starlette. Il nostro calcio ha bisogno di buoni esempi che siano il senso del sacrificio, del lavoro, dell’applicazione, del rispetto delle regole. Il calcio ha bisogno di allenatori che sappiano trasmettere valori di cui sopra e che facciano meno show nelle sale stampa. Il calcio ha bisogno di Mancini e del Mancinismo.

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