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LA STATUA LIGNEA DELLA MADONNA DI CANNETO E... PESCOCOSTANZO

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In molti paesi del Molise la Madonna si festeggia l'otto settembre. E' il giorno della sua nascita. 

SON TUTTE BELLE LE MAMME DEL MONDO (specialmente se sono Madonne)

Perché la Madonna di Canneto è simile a quella di Pescocostanzo?

Una storia verosimile.

Sul parapetto del campanile della Badia di Canneto sul Trigno, in epoca imprecisata, ma probabilmente durante uno dei rifacimenti recenti, fu collocata una epigrafe:

ABBAS NICOLAUS

A. D. MCCCXXIX

(“Abate Nicola anno Domini 1329”).

Di questo abate non sappiamo assolutamente nulla, ma la data, come vedremo, è in qualche modo importante. Forse è la traccia per capire chi fece fare la statua che l’8 settembre di ogni anno viene portata in processione.

LA STATUA LIGNEA DELLA MADONNA DI CANNETO

Non avrebbe alcuna importanza parlare dell’immagine lignea della Madonna se non fosse il concreto punto di riferimento per la comunità di Roccavivara che da tempo immemorabile le rivolge un’attenzione particolare. Un rapporto straordinario che non finisce nel periodo della sua festa, ma si concretizza per tutti i giorni dell’anno in una costante contribuzione al mantenimento del complesso religioso che, non più monastero, è diventato un santuario mariano.

La festa si celebra nel giorno canonico dell’8 settembre, che per tradizione è la ricorrenza della nascita della Madonna.

Una tradizione che viene ripresa dalla fonte apocrifa del Protovangelo di Giacomo.

Fu papa Sergio I, nel VII secolo, a disporre la celebrazione annuale.

Nulla sappiamo dell’origine del festeggiamento della Natività di Maria nel Monastero di Canneto e nulla conosciamo dell’origine della statua che annualmente viene portata in processione. Solo i caratteri stilistici sono di aiuto per tentare una sua datazione.

Concordemente tutti gli studiosi riconducono al XIV secolo l’epoca in cui sarebbe stata realizzata, senza che alcuno di essi provi a stabilire il luogo in cui sia stata realizzata e tantomeno il nome del suo realizzatore.

Probabilmente quando si deciderà di eseguire un’indagine al Carbonio 14 avremo notizie più esatte, ma per il momento ci si può affidare solo alle lettura stilistica avendo come riferimento temporale altre sculture lignee per le quali rimangono le medesime problematiche.

Si tratta di una statua che mostra Maria che regge sulle proprie ginocchia il Bambino: “Viso ovale, gli occhi a mandorla, il collo lungo, il modo come sono scolpiti il corpo, gli abiti, il velo, caratteristiche queste presenti nelle Madonne che si rifanno ad un unico stile, anche se in ognuna con le interpretazioni individuali degli esecutori” (Ada Trombetta).

Tutti gli studiosi sono concordi nel ricondurre al XIV secolo l’epoca dell’esecuzione.

Eppure qualche dubbio potrebbe sorgere.

Intanto vanno considerati i significati che si nascondono dietro un’immagine che non è la semplice rappresentazione di una madre con il suo bambino.

La rappresentazione non ha nulla di naturale. Non è immaginabile che una scena domestica di una donna con il proprio piccolo figlio possa tradursi in una composizione che si connota soprattutto per i significati simbolici o, più precisamente, teologici.

Da queste considerazioni si deve partire per capire cosa abbia voluto dire l’intagliatore che realizzò l’opera o, forse di più, cosa abbia voluto ottenere il committente della scultura.

Il comune denominatore dei due soggetti è la maestà.

Maria Regina madre di Dio e Cristo Bambino re dell’Universo.

Gli elementi che ne definiscono la peculiarità sono la corona regale per la donna e il globo crucigero per il bambino.

La corona è il simbolo per eccellenza della regalità da tempo immemorabile.

Il globo crucigero (globus cruciger) è, invece, un simbolo mutuato da una tradizione che pone nella figura di Costantino il Grande il primo imperatore cristiano.

E’ una croce applicata su una sfera. Un simbolo utilizzato dagli imperatori e dai re cristiani sia sulle monete che nelle insegne e nella iconografia a significare che il Cristianesimo era diventato religione di Stato.

Fatta questa considerazione viene da chiedersi perché la Madre non abbia alcun contatto fisico con il Figlio se non per il fatto che questi si appoggi sulle gambe di lei mantenendosi in una innaturale posizione di equilibrio.

E’ una decisione figurativa che non è casuale e senza dubbio viene dall’antica consuetudine di attribuire alla Madonna una sorta di timore reverenziale che le impone di non toccare il Figlio per la necessità di non contaminarlo.

Così l’abbiamo vista frequentemente nelle rappresentazioni presso la croce quando appare con le mani coperte dai lembi del suo mantello. Valga come esempio la Crocifissione nella cripta di Epifanio a S. Vincenzo al Volturno, della prima metà del IX secolo.

La consapevolezza del suo ruolo è rivelato proprio dalla serenità del volto , quasi un accenno a una espressione di materna soddisfazione.

Maria sta seduta su un trono che non si vede, coperto come è da una veste che scende fino ai calzari di cui appaiono solo le punte. Sulle spalle si appoggia un’ampia mantella che, coprendo le gambe, arriva fino a terra. Sotto la corona i capelli sono raccolti da una veletta che scende fino al collo della mantella.

Il Bambino sembra seduto ma non vi sono segni del seggio.

La sua veste è lunga e con la sinistra regge una piccola sfera crucigera mentre la destra è atteggiata alla consueta espressione giudicante del Cristo Pantocratore.

E’ probabile che i colori vistosi non siano quelli originali e siano la conseguenza di un restauro recente di cui non sono pubblicate le fasi dell’intervento.

POSSIAMO TENTARE DI CAPIRE PERCHE’ QUESTA MADONNA E’ COSI’ PARTICOLARE?

Sono ovvi i tentativi di trovare analogie e riferimenti ad analoghe rappresentazioni della Madonna con Bambino e non va nascosto che ci si perde in una serie di ipotesi che portano alla cultura francese conseguente alla presenza angioina nel regno di Napoli senza negare ascendenze federiciane o addirittura normanne. Le Madonne medioevali genericamente sembrano seguire tutte un medesimo modello

Perciò ogni ipotesi appare praticabile.

Possiamo, però, tentare una via sicuramente suggestiva che non ha nulla di concreto se non l’ipotesi. Contingenze politiche che, sovrapponendosi a valutazioni teologiche, potrebbero aver determinato quella particolare forma espressiva.

Il tutto mettendo in successione temporale quei pochi elementi che possano costituire un supporto almeno verosimile in assenza di notizie certe.

Gli elementi certi sono da una parte la dipendenza da Montecassino delle decisioni sulla committenza e dall’altra una coincidenza temporale del medesimo potere politico in due luoghi che hanno un riferimento devozionale in due immagini della Madonna con Bambino unite da una certa affinità compositiva, ma non stilistica.

Credo che si possa tentare di trovare un filo che colleghi la Madonna di Canneto con quella, sicuramente più celebre, di S. Maria del Colle a Pescocostanzo.

L’atteggiamento della Madonna e del Bambino sono assolutamente analoghi ed egualmente analoghi sono i significati teologici.

Per la Madonna di Pescocostanzo non vi sono elementi concreti per la datazione, ma viene assunta come attendibile un'epoca compresa tra il XII e il XIII secolo. E’ una delle più antiche e venerate da tempo immemorabile.

Dall’altra parte viene assunta come credibile una datazione del XIV secolo per la Madonna di Canneto.

Preso atto che ambedue le chiese erano dipendenti direttamente da Montecassino una qualche considerazione può essere fatta sulla contemporanea dipendenza delle due comunità dalla medesima famiglia feudale.

Abbiamo visto che dal 1270 e fino alla metà del XV secolo Roccavivara e il monastero di Canneto erano nel dominio della famiglia Cantelmo, una delle più potenti al servizio di Carlo d’Angiò..

Una storia sotto certi versi analoga riguarda Pescocostanzo perché il paese, dopo essere stato per lungo tempo dipendente dall’abbazia di S. Vincenzo al Volturno passò tra i beni amministrati dal Monastero di S. Pietro Avellana che a sua volta dipendeva direttamente da Montecassino.

Nel 1108 il territorio da Montecassino fu ceduto a Oddone che, però, lasciò al monastero cassinese la chiesa di S. Maria del Colle di Pescocostanzo.

Per una serie di vicende feudali dal 1325 al 1464 signori di Pescocostanzo furono i Cantelmo. Gli stessi di Roccavivara.

A questo punto, ritornando alla badia di Canneto diventa interessante quella piccola epigrafe che attesta che l’abate Nicola nell’anno del Signore 1329 fece qualcosa di particolarmente importante.

La pietra oggi si trova sulla corona merlata del campanile, ma nulla ci aiuta a capire se si riferisse a una trasformazione della torre campanaria o a lavori di rifacimenti dell’interno.

Certamente l’obiettivo dell’epigrafe era di ricordare un episodio straordinario o, comunque, meritevole di essere ricordato.

E’ lecito per questo collegare questa data all’ampliamento del dominio della famiglia Cantelmo proprio nel momento in cui prendeva il possesso del feudo di Pescocostanzo dove l’immagine della cosiddetta Madonna del Colle era già oggetto di grande venerazione.

Altrettanto verosimile la circostanza che questo passaggio politico sia stato sacralizzato con la realizzazione della immagine lignea della Madonna di Canneto che ancora oggi viene venerata rendendo plausibile che il riferimento iconografico fosse proprio la statua preesistente di Pescocostanzo.

Tutte coincidenze che rendono verosimile questa ipotesi.

 

 

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