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LA CRISI OCCUPAZIONALE ANCHE IN QUESTO TERRITORIO

LE RADICI DEL PROBLEMA SECONDO I COMUNISTI

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La crisi occupazionale, che comincia ad investire il nostro territorio, ha un dato sostanziale che emerge: il licenziamento dei lavoratori somministrati, ovvero quei lavoratori assunti con contratti atipici, essendo essi meno garantiti dei lavoratori a tempo indeterminato.

Il Partito Comunista, deprecando l'odiosa pratica dell'equiparare i lavoratori ad una “risorsa usa e getta”, ha però l'obbligo ideologico di evidenziare che la comparazione fra le due tipologie è fuorviante, in quanto i lavoratori sono tutti uguali: concorrono, entrambi, nella stessa misura al processo produttivo.

Questi artifizi linguistici servono a mascherare la profonda ingiustizia sociale che un sistema come il nostro produce già alla sua base, cioè dividendo la massa dei lavoratori in diverse tipologie di cittadini, aventi uguali doveri ma differenti diritti. L'esempio paradigmatico è quello che sta succedendo in Sevel, dove dopo anni di sacrifici, fatti in cambio di promesse (leggi ricatti) di stabilizzazione e di lusinghe carrieristiche, centinaia di lavoratori si sono ritrovati da un giorno all'altro senza lavoro.

Questi giovani si sono lasciati sedurre dal canto delle sirene, credendo alle rassicurazioni che il padrone forniva loro di volta in volta e alla fine, non più necessari, sono stati licenziati e dimenticati nel giro di pochi giorni.

Questa generazione post-ideologica, cresciuta senza aver conosciuto il significato del muro di Berlino e senza averne il ricordo, è stata cullata nel falso mito che lavorando sodo e dicendo sempre di si, i risultati sarebbero arrivati sottoforma di soldi e posizioni anche importanti.

La verità è che funziona così finché conviene al capitale e quando non c'è più convenienza, o meglio, quando esso scopre altre convenienze, tutto svanisce.

Il processo di trasformazione del lavoro e dei lavoratori a merce qualsiasi, iniziato negli anni Novanta (Pacchetto Treu), Duemila (Legge Biagi), anni Dieci (Legge Fornero, Jobs Act), tradisce l'impianto costituzionale che pone il Lavoro a fondamento della vita repubblicana e riconosce all'impresa un ruolo di sviluppo del territorio.

Aderisce al pensiero neoliberista, cristallizzato nei Trattati UE, per cui le imprese e i capitali possono spostarsi dove e quando vogliono, alla ricerca dei massimi profitti e compiere attività speculativa, senza dover rendere conto a nessuno.

Questa è la dura lezione che oggi possiamo apprendere.

Finché non si risveglierà la coscienza di classe, questi episodi si moltiplicheranno e non potranno essere fermati né dai sindacati né da leggi apposite fatte all'occasione, ma solo dalla mobilitazione unitaria dei lavoratori.

"Proletari di tutto il mondo, unitevi" è scritto nel Manifesto del Partito Comunista pubblicato nel 1848, ed oggi è più importante di allora.

Il Partito Comunista continuerà la sua lotta esortando i lavoratori ad emanciparsi dallo sfruttamento capitalistico e a ricreare quella coscienza di classe ormai sopita da anni, consapevole del ruolo storico che gli compete.

 

 

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