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IL SUCCESSO DEL FESTIVAL DEL CARCIOFO

RISULTATO DI (ALMENO) QUATTRO VARIABILI SOCIALI

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All’ora di pranzo del 25 aprile sono stato al Festival del carciofo di Cupello. Ho visto la lunga fila di persone che diligentemente aspettavano di poter entrare nell’area gastronomica per degustare l’apprezzato menù a base di Mazzaferrata. Ho visto tanti trattori in piazza a significare che l’attività primaria (l’agricoltura) dalle nostre parte “patisce, ma non fallisce”. Ho visto ed assaggiato per la prima volta il “monte di Guardiagrele”, un dolce tipico guardiese che presto entrerà nel Prodotto topico. Ho visto il presidente della Cooperativa San Rocco, Giulio Pasquale, giustamente compiaciuto per l’apprezzamento unanime del prodotto identitario cupellese. Ma ciò che segue è quello che non poteva proprio sfuggire e a chi, come me, organizza una manifestazione gastronomica simile. E lo racconto con il mio modo diretto di fare cronaca e deduzioni.

Ho visto il sindaco, Graziana Di Florio, stanchissima, ma di una stanchezza non avvertita in virtù della evidente soddisfazione per tutta quella gente che è stata a Cupello in questo festival. Ho visto Giuliana Chioli, sfinita coi ragazzi della biblioteca. Ho visto il presidente D' Angelo, i consiglieri e tutti gli assessori, come ligi camerieri, servire per i tavoli, affinché nessun avventore attendesse più del dovuto. Ed ho visto il consigliere regionale Manuele Marcovecchio, pure lui impegnato tra i tavoli, con cui ho scambiato due battute: “Come caxxo hai fatto a creare sta squadra così motivata ed impegnata?”. E lui, sornione: “Bè, vecchia scuola!”.

E, dopo aver visto tutto questo, me ne sono andato a casa, deducendo che l’ampia partecipazione, con annessa strutturata organizzazione del Festival del carciofo, si deve senz'altro al forte richiamo identitario del carciofo stesso ed al senso comunitario con cui (dopo 5 secoli di contado “sotto la Contea di Monteodorisio” e dopo aver “subito” l’ industrializzazione della vicina San Salvo, nonostante il metano fosse stato “scoperto nelle loro terre”) i cupellesi stanno affrontando oggi la società liquida post industriale

Eppure, richiamo identitario e senso comunitario sarebbero stati vanificati se il leader di questa cittadina avesse fatto l’autoritario come tanti altri suoi colleghi dei “feudi” vicini. Intendiamoci: la leadership autoritaria produce risultati immediati, ma alla lunga devi correre appresso a consiglieri ed assessori che ti scappano perché li hai trattati male. Se, invece, i collaboratori li rispetti te li ritrovi a fare i camerieri anche se non gliel’hai chiesto. E diventi ancor più autorevole se il cameriere lo fai tu stesso. 

Ecco quello che visto e dedotto a Cupello. E semmai Valentina Fitti mi dovesse (ri)dire: “Orà ma ti sei proprio innamorato di Cupello…”, stavolta le risponderei: “Sai quante microcomunità giro e conosco come la vostra? Almeno una cinquantina, compresa ovviamente quella dove vivo. Ma è la mia deformazione professionale che mi porta a rilevare questo per Cupello e poche altre località”. 

Ps Siccome chi mi conosce sa che scrivo e parlo allo stesso modo, analizzo e deduco senza fingere, posso dire che il bel momento di crescita collettiva che sta pervadendo Cupello si deve al combinato disposto tra orgoglio identitario, senso comunitario, leadership democratica e la fortuna di avere, dentro e fuori rete, attori sociali che lo assecondano. Basta che viene meno anche una sola di queste variabili e cambia il risultato, cosa che potrebbe succedere anche qui. Quindi da parte mia non innamoramento, ma semplice osservazione partecipante (che, per chi non lo sapesse, è una tecnica di ricerca sociale).

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