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“Il più grande principe è quello che si fabbrica un trono nel cuore degli uomini”

Commento al vangelo

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La Chiesa chiude l’anno liturgico con la festa di Cristo re, il cui trono però non è nei saloni del Quirinale o della Casa Bianca, ma sulla croce, “il supplizio degli schiavi”, come lo chiama Tacito, dandoci così subito l’enorme differenza tra i re, i presidenti umani e il Signore Gesù. Il Cristo va in croce per salvare gli altri, i presidenti e i re umani mandano piuttosto i sudditi sulla croce per salvare se stessi.

Sono due logiche opposte alle quali, però, in piccolo, possiamo aderire anche noi con i nostri comportamenti. Se prevale in noi la logica del dono, della disponibilità, del servizio, della giustizia, noi facciamo parte del regno di Dio. Se prevale, invece, quella dell’accaparramento, del piacere egoistico, dell’ipocrisia, del vuoto facciamo parte della logica malvagia di questa società. L’idea di re e di regno (che a noi oggi dice poco, anche perché la storia ci ha dimostrato che cosa si “nasconde” dietro il potere!), viene dalla Bibbia e in essa vi si intende un re liberante, un Messia, che instauri e promuova una società di giustizia, di uguaglianza e di pace. Il regno di cui parla Gesù non è il regno dell’al di là, dopo la morte. Il fatto di averlo chiamato “regno dei cieli”, invece che “regno di Dio”, ha potuto ingenerare equivoci, con il pericolo reale di provocare disimpegni storici.

Le parole di Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 18,36), vanno intese come dichiarazione che il “suo” regno non è come i regni di questo mondo, che si reggono sulla forza, sugli eserciti e sulle manipolazioni della violenza. Il regno di cui parla Gesù non è neanche qualcosa di solamente interiore alle anime, non è solo un messaggio da viversi nell’intimità della propria coscienza, ma è pubblico, storico, attraversa le istituzioni sacre e profane. Il regno di Dio di cui parla Gesù è un modo di vita, privata e pubblica, in cui al centro deve esserci la presenza di Dio, che si ascolta, in cui ci si specchia (e non buttato ai margini di un segno di croce al mattino o di un distratto momento domenicale); è una maniera di vivere, privata e pubblica, in cui giustizia, uguaglianza, pace, amore, siano ricercati e praticati quotidianamente da uomini e donne, e da comunità che rifiutano violenza, imbrogli, sfruttamento degli altri. Vivere nella logica del regno di Dio vuole dire escludere ogni ricerca di potere che non sia dedizione all’uomo, ogni ricerca di privilegi che non sia quella di amare di più gli altri, ogni ricerca di “eminenze” che non porti alla liberazione dei fratelli.

La regalità di Gesù si comprende solo nella prospettiva della croce. Nel suo Regno si va in croce per gli altri, non si mettono in croce gli altri; si liberano gli oppressi, non si costruiscono cariatidi per sostenere gli oppressi; si ragiona dando la prevalenza al dono, alla disponibilità, al servizio, alla giustizia, non all’accaparramento. Si entra a far parte di questo Regno in piena libertà e vi si vive in altrettanta piena libertà. Ogni regno basato sul timore, sulla polizia, sulla costrizione, sulla paura, non è Regno di Dio. È importante che noi rinnoviamo la nostra scelta di campo, che ci inseriamo nella storia, piccola o grande, con queste logiche che sono quelle del Regno che non è di questo mondo, ma è per questo mondo, che ha bisogno di tanta vera felicità. Un imperatore cinese diceva: “Il potere possiede tutto, tranne il cuore della gente” (Xu Gang). È quanto non comprende Pilato. Da uomo di comando, si aspetta da Gesù una dimostrazione di potere, di forza. Mentre Gesù cerca di fargli capire che il suo potere non si può paragonare a quello degli uomini: “Il mio regno non è di questo mondo”.

È stato detto giustamente: “Il più grande principe è quello che si fabbrica un trono nel cuore degli uomini” (Theodor Korner). Ed è quello che fa Cristo: entra nel cuore degli uomini, parla al cuore degli uomini. In un dramma del più famoso scrittore norvegese, si legge: “(Pilato) tu non puoi comprendere … Quello  che egli ha divulgato nel mondo è più che una dottrina: è un fascino che incatena le anime. Chi una volta ne ha subito il fascino, credo che non potrà liberarsene più … Sì, Gesù Cristo è il più grande rivoluzionario che sia mai venuto al mondo … E anche se Ebrei e Romani han creduto di averlo ucciso, il Galileo vive … Vive nel cuore degli uomini … E trionfa nei cuori umani, caldi di fede, come il re dell’universo” (Ibsen). Ecco cosa celebriamo oggi. Ecco cosa deve essere per noi Cristo: il re dei nostri cuori. Tanti nel corso della storia, hanno cercato di cancellarlo, di nasconderlo, di ignorarlo, di combatterlo. Ritorna anche ai nostri tempi ogni tanto la polemica del crocifisso nei locali pubblici. Ma è nei cuori che Cristo regna, ed è dai cuori che è impossibile cacciarlo. A meno che non lo vogliamo noi. Quanti regni sono passati nella storia? Quanti re sono caduti, detronizzati, dimenticati? Cristo continua a regnare, perché regna nei cuori. Non si impone; si propone con dolcezza, per amore e con amore. Come si può resistere a un re così? Renan diceva che “Cristo ha conseguito un altissimo risultato: farsi amare tanto da morto che da vivo”. Signore, con la mia fede sincera, e con il mio cristianesimo convinto, voglio permetterti di continuare a regnare nei cuori degli uomini.

 

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