Paolo ci ha ricordato con molta chiarezza che nella cena pasquale con i discepoli Gesù ha conferito, al pane spezzato e al vino donato, il potere di diventare il Suo corpo, che sarebbe stato fissato alla croce e il Suo sangue, che sarebbe stato effuso dal costato squarciato. Gesù, cioè, ha anticipato misteriosamente il sacrificio della croce e lo ha consegnato ai discepoli nel memoriale dell’Eucaristia, dove quegli eventi sono ripresentati sacramentalmente. La Santa Liturgia
Eucaristica, che il Signore ha comandato di fare in Sua memoria, oltre ad essere la celebrazione che riattualizza il sacrificio della croce, è anche il bachetto pasquale, in cui le carni del vero agnello sono imbandite sulla mensa, per il nutrimento spirituale dei credenti nel cammino verso il regno eterno. Il pane e il vino, che le parole del sacerdote e l’invocazione dello Spirito trasformano nel vero reale e sostanziale corpo e sangue di Cristo, garantiscono il prolungamento dell’Incarnazione, la potenzialità del Cristo glorioso alla vita della Chiesa, la perenne efficacia di quel sacrificio, l’anticipazione della vita eterna, l’oggetto per eccellenza dell’adorazione del credente.
L’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci è figurativo perchè mostra gli effetti incomparabili di questo banchetto, che si pone come risposta divina alla richiesta di una umanità affamata, che rischia il tracollo sotto il peso delle sue molteplici fatiche. Le parole dei discepoli, favorevoli al congedo della folla (cfr Lc 9,12), dicono l’impotenza dell’uomo alle prese con queste domande. La quasi risentita reazione di Gesù “date voi stessi da mangiare”(Lc 9,13), esprime la volontà del Signore di coinvolgere la Chiesa nella realizzazione di questo evento. D’ora in poi, la vera moltiplicazione sarà posta nelle mani della Chiesa, perché proponendo i gesti di Gesù, il primo del quale è dato dall’annuncio della parola, poi la benedizione sulle offerte, la frazione del pane, la distribuzione, essa possa assicurare ai discepoli il vero nutrimento.
L’Eucaristia, poi, nella comprensione offertaci dal miracolo, si pone anche come evento totalizzante, in cui è offerto all’uomo il pane vero, quello celeste, che è anche terreno, perché la persona, essere indivisibile composto di anima e corpo, possa essere saziata nella sua unità. La solennità del Corpus Domini è la festa in cui la Chiesa risveglia la fede nella presenza reale del Signore nelle specie eucaristiche. Richiama l’attenzione a vivere la celebrazione come la riattualizzazione sacramentale e incruenta della passione, morte e risurrezione di Gesù. Sulla mensa-altare le sacre specie sono realmente il corpo e sangue di Gesù, il pane che riceviamo è la carne del Figlio di Dio, nell’accostarci a questo sacramento è a Dio stesso che ci assimiliamo.
Siamo chiamati a vivere la Santa Liturgia in atteggiamento eucaristico, per cui associandoci all’offerta che Gesù compie di sé al Padre, possiamo vivere la vera adorazione, esprimere l’autentica lode di Dio e a Dio, ringraziare seriamente per i benefici da Lui ricevuti, impetrare la salvezza nostra e del mondo. Unendoci al sacrificio di Cristo, chiediamo pure di trasformare la nostra esistenza in vittima spirituale a Dio gradita, sacrificio di soave odore consumato dall’amore divino.
Si capisce così, perché l’Eucaristia non può essere assimilata a una cerimonia qualunque e non può essere banalizzata in un banchetto qualsiasi. In questo evento memoriale della nostra salvezza, essa domanda un atteggiamento di responsabile ascolto, di religiosa partecipazione, di sincera disponibilità, che male si adatta alla grossolanità dei modi quotidiani, che devono essere lasciati invece fuori della porta della chiesa. I gesti siano corali, le risposte riservate ai fedeli siano unanimi, il silenzio nei momenti prescritti rispettato, il canto condiviso, il segno della pace sinceramente offerto.
E se dobbiamo lasciare fuori della chiesa la rusticità delle parole e dei gesti, devono invece essere portati fuori da essa ed esibiti in bella evidenza gli atteggiamenti che l’assimilazione al Corpo e al Sangue di Cristo suscita in noi. La nostra vita, perciò, diventi benedizione, lode anziché mormorazione e calunnia, rendimento di grazie anziché pretesa, adorazione di Dio anziché cedimento agli idoli, dono anziché rapina, pace, anzichè odio. E dopo aver condiviso il pane celeste, uscito dalla chiesa si sia pronti a condividere il pane terreno.
Non solo, ma dopo aver prestato il debito culto e la giusta adorazione al Corpo di Cristo vero, ci si premuri di prestare il giusto culto al Corpo di Cristo mistico-comunionale, che è la Chiesa; dopo aver adorato il Cristo Capo, ci si prenda doverosamente cura del Cristo membra, ossia dei poveri. Questo rende evidente, la celebrazione della solennità del Corpo e Sangue di N.S.G.C., che vive e regna nei seoli dei secoli.