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L’Assunta ci ricorda che nasciamo in questo mondo, ma siamo cittadini di un altro mondo

Commento al vangelo

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15.VIII.2017 ASSUNZIONE DI MARIA AL CIELO/A

Il prefazio dell’Eucaristia, oggi, proclama che la vergine Maria è assunta nella gloria del cielo, perché Dio “non ha voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro, colei che ha generato il Signore della vita” (Prefazio). In forza di tale privilegio e in ragione del rapporto unico che lega Maria al Verbo incarnato, Lei è associata da sùbito alla condizione gloriosa del Figlio, in corpo e anima. È questo, oggi, il messaggio di fede proclamato dalla Santa Liturgia e nel quale siamo chiamati a fissare lo sguardo, oltre che infiammare il cuore.

L’assunzione di Maria al cielo si mostra come verità che aiuta a fare sintesi tra l’atteggiamento della comunità di fede nella storia e il compimento del tempo che ci attende al termine del cammino dei giorni, il Paradiso. Confusioni e distrazioni riguardo a tale legame conducono oggi a non irrilevanti contraddizioni nella testimonianza dei cristiani. Occorre, infatti, fare bene attenzione a non vivere la fede come un estraniarsi dal tempo e dal fluire della storia, ma al tempo stesso non dimenticare che il compimento di questa storia non è un esito inscritto in essa come uno sbocco positivo inevitabile, bensì come un dono che viene dall’altro e trascende ogni nostra realizzazione.

Non rispettare questo equilibrio può portare da una parte a vivere la dimensione spirituale della fede come una realtà a sé stante rispetto alle dimensioni ordinarie della vita personale e sociale, dall’altra a pensare che l’attesa e l’impegno per il regno di Dio possano confondersi con un’ideologia del progresso, costruzione delle mani dell’uomo. Entrambi questi fini hanno condotto ad esperienze molto negative nella storia umana.

Nel primo caso si è potuto pensare che la fede fosse riducibile a un’esperienza interiore priva di valore per la dimensione pubblica della vita, relegando i cristiani ai margini del vivere sociale. Nel secondo, che implica, di fatto, un umanesimo senza Dio, si sono aperte le porte a quelle visioni ideologiche disumanizzanti di cui il secolo scorso ha dato, drammatiche prove. Il mistero dell’Assunta ci ricorda anzitutto che il trascendimento di sé, che costituisce l’attesa più profonda di ogni esperienza religiosa, nella prospettiva cristiana non si declina in forma di un andare oltre la dimensione fenomenica per attingere livelli superiori, ulteriori, nella profondità e nell’altezza, della vita umana, ma si radica nello spessore fenomenico della storia e si propone come un compimento che supera ogni possibile attesa.

Il Dio cristiano è il Dio della storia, che con suo Figlio entra nel divenire degli uomini e ne rompe il vincolo mortale in forza del mistero della Pasqua. Per questo l’itinerario del credente, che Maria anticipa e attua in pienezza, consiste essenzialmente nel farsi condurre dallo Spirito di Dio lungo il tempo della vita per poterlo raggiungere nella dimensione dell’eternità. Al tempo stesso il mistero dell’Assunta afferma che tutto questo non è esito di un nostro progetto e frutto delle nostre capacità, ma un dono che ci giunge come comunicazione definitiva di quell’amore che ci ha accompagnato per tutta la vita. Ne consegue che la nostra vita non è nelle nostre disponibilità, proprio perché nel suo sorgere e nel suo compiersi definitivo si presenta come un dono, ma contemporaneamente è nel pieno della nostra responsabilità, perché non ci si salva fuori di essa quanto piuttosto in essa, nell’indirizzarla giorno dopo giorno verso il traguardo che ci sarà donato.

Si tratta di riflessioni particolarmente cogenti in questi tempi di forte dibattito sul senso della vita umana e sul nostro dovere di rispettarla nella sua piena identità e in ogni momento, soprattutto in quelli più fragili. Ma altrettanto attuale è il messaggio che da queste riflessioni viene per un’adeguata comprensione della nostra posizione nella storia e del contributo che ci è richiesto per il bene comune nella vita sociale. Non si può pensare il nostro essere nel tempo come un atto che scorre semplicemente parallelo alla storia umana, proprio perché è in questa storia che anima e corpo, mio e tuo, è posto per rispondere all’originaria vocazione all’amore, come lo fu per Maria.

Di qui una vocazione sociale del cristiano che si dice dai misteri più religiosi della fede. Dall’altra parte l’attesa escatologica non permette di confondere alcun progetto umano con quella ulteriorità cui la fede apre e che sentiamo di dover accogliere come un dono di luce e di vita, portatore di un orientamento storico che possiamo condividere con tutti e di una forza di novità che ci permette di essere soggetti attivi e importanti nella società. E proprio questa radice di verità suprema impedisce di accettare visioni riduttive, o compromessi che taglierebbero le ali a un destino eterno. L’Assunta ci ricorda che nasciamo in questo mondo, ma siamo cittadini di un altro mondo. Siamo chiamati a collaborare alla costruzione di un Regno che non è di questo mondo, ma è per questo mondo. Questa missione non è certamente facile, infatti, molti rifiutano questo messaggio. Non solo lo rifiutano, ma vogliono eliminare il messaggio e chi lo annuncia. Necessita pertanto la perseveranza nonostante le avversità o addirittura l’odio e la violenza.

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