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Le opere vincitrici del primo premio letterario 'Cesare De Horatiis': 'Eccomi qui'

Simone Mignano

a cura della redazione
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Vengono pubblicate in questa sezione le opere vincitrici del primo premio letterario 'Cesare De Horatiis' di Furci.
Il seguente componimento si è classificato al terzo posto della 'sezione adulti'.

Eccomi qui, Simone Mignano (Furci)

“Eccomi qui, l’ennesimo cuore che cessa di battere, un cuore giovane, un cuore forte, un cuore pieno di vita, di amore e di voglia di vivere che non riesce a giungere intatto alla luce del mattino. La morte è giunta di nuovo, senza preavviso, con il suo fare furtivo con il suo assordante silenzio interrotto solo da un gemito, un sospiro che all’orecchio delle
persone amate riecheggia assordante come un boato.

Eccomi qui, le visite, i parenti, gli amici, i lamenti, la rabbia, l’angoscia, le strette di mano, i baci, le carezze, i sussurri, i singhiozzi, le parole di conforto e gli sguardi, che a volte esprimono più di mille parole, sono spaesati, increduli, spenti, persi, abbattuti, stanchi. I fiori con i loro colori cercano di coprire quell’alone di tenebra, invano. Infine le lacrime che a volte tardano ad arrivare come se gli occhi non volessero partecipare alla tristezza, al vuoto, allo sconforto come se non volessero lavare via dalla mente quei momenti, quei ricordi, quelle sensazioni e quel buio che ha avvolto quella casa piena di luce.

Eccomi qui, il funereo rintocco delle vecchie campane funge da richiamo, la macchina arriva, la folla, la chiesa, il parroco, la bara e ancora fiori contornati da un silenzio rispettoso, spontaneo, dovuto. Si riesce anche a sentire la voce del dolore che con la sua forza quasi arrogante riempie l’aria rendendola pesante e irrespirabile. Poi le
parole, che provano a dare un senso religioso a quella morte ingiusta e immotivata, cercano di rendere merito all’anima e al ricordo del defunto, riuscendo a commuovere anche coloro che sono li solo con il corpo e non con il cuore. Poi tutti fuori a fare l’ultima passeggiata in sua compagnia, lungo le vie del paese tanto amato, cercando di mantenere per quanto possibile il silenzio rispettoso.

Eccomi qui, arrivato all’ultima fermata, la più lugubre perché mi accorgo che è davvero finita, anche la più flebile speranza, magari di star vivendo un incubo, viene spezzata dall’immagine dei cipressi che tengono compagnia ai nostri cari. Mentre aspetto di passare in quella porticina per dare l’ultimo saluto, accade quello che non ti aspetti: la folla, prima rispettosa, si ammassa, cerca di guadagnare posizioni per sbrigarsi perché ha altro da fare: vivere; c’è chi discute, chi approfitta dell’attesa per salutare magari una persona che non vedeva da tempo; c’è chi addirittura scherza e ride. Dov’è finito il dolore? Capisci quindi che era tutto un comportamento di facciata, di circostanza magari però questo riesce ancora di più a farti distinguere coloro che sono li non solo perché devono, ma perché lo sentono e magari ridono piangendo.

Eccomi qui, la coda scorre, sto entrando, sono l’ultimo…ecco, vedo la bara…vedo il corpo…brivido…ho l’ennesima conferma che non c’è più nulla da fare. Allora saluto, abbraccio, bacio, accarezzo e…mi sdraio…sospiro, sorrido…chiudo gli occhi e… eccomi qui”.

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