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LETTERA AL PICCOLO DELFINO SPIAGGIATO SUL SITO PIETROSO DI CASALBORDINO

Suggestiva lettera del Prof. Luigi Murolo

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Buonanotte piccolo delfino, mi auguro che il canto della fine sia stato avvertito dai tuoi genitori. Che ti abbiano accompagnato con i loro lamenti fin dove hanno potuto, lasciandoti per sempre al vento e alle onde che ti hanno riversato sulla spiaggia: cadavere! È doloroso parlare di un piccolo cetaceo che non ha avuto il tempo di danzare sull’acqua e cantare come tutti gli individui della sua specie. Una vita spezzata, è vero. Ma come diceva l’antica saggezza dei nativi americani, quella che il Grande Spirito aveva pensato per tutti i viventi: «Gioisci nel viaggio della vita senza lasciare tracce». Nei fatti, il piccolo delfino sarà considerato come un «relitto» indesiderato, lasciato dal mare sulla spiaggia pietrosa. Del resto, tutti sanno che le spiagge costituiscono il cimitero: di cose e di esseri un tempo vissuti e poi divenuti “niente”. Ma forse bisognerebbe tornare a Plutarco di Cheronea, gran sacerdote del tempio apollineo di Delfi (I sec. d. C.), per capire che cosa, del delfino, avesse pensato la Sapienza greca e di come quel Saggio l’avesse enunciata nella sua Ἠθικά (Ēthiká):
 
«Nel delfino soltanto si trova, in relazione all'uomo, quella cosa che vanno cercando tutti i migliori filosofi, ovvero l'amore disinteressato. Questo animale, infatti, non ha bisogno di ricevere nulla dagli umani e, dal canto suo, nei confronti di tutti gli uomini mostra la sua benevolenza e amicizia, e molte persone ha soccorso in passato».
Ma ho i miei dubbi che tutto questo interessi alla civiltà (?) odierna. Magari qualcuno potrebbe chiamarlo perfino «delfino abusivo» perché non ha chiesto il permesso di spiaggiamento. Eppure a quel tale, nemmeno per un momento sarà passato per la mente di sapere se il corpo del dolcissimo piccolino sia stato invaso e ucciso da quella strana «Ostreopsis ovata» che, da qualche tempo, alligna spensierata lungo il litorale vastese. Mio malgrado devo dire che tutto questo non rientra nelle mie competenze. Posso solo pensare a quel che diceva il vecchio Nietzsche nei «Frammenti postumi»:
 
«I vivaci, guizzanti movimenti del delfino mettono allegria, come se significassero gioco e piacere: invece è il tormento che dentro gli fa la natura».
Ed è a questo che penso. Al tormento patito dal piccolino. Purtroppo non avrà tomba. Come del resto, tomba non hanno avuto tre dei sette capodogli spiaggiati e morti a Vasto nella notte tra l’11 e il 12 settembre 2014. E, ovviamente, non parlo di un cimitero. Ma di un museo per cetacei vissuti e dispersi in un ambiente alieno. Che avrebbe potuto ospitare il piccolo delfino. Ma più che finire in un bidone, sarebbe più giusto che i gabbiani svolgessero il loro compito. Natura con natura. Perché questo è l’unico modo per fargli oltrepassare quel Ponte dell’Arcobaleno di cui i nativi americani hanno raccontato al popolo degli uomini la dolcissima leggenda. Ma, per quanto è dato sapere, nella contemporaneità anche le leggende sono morte!
 
(Foto tratta da un profilo Facebook il 20 agosto 2023)
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