Leggendo il post di Nicola Dario, che ha fatto il copia-incolla di un breve articolo di Enrico Deaglio, mi è venuto in mente di una battuta fatta con Vincenzo Larcinese circa l' antiberlusconismo della sinistra diventato filoberlusconismo.
In realtà , dietro a questo (apparente) cambio di giudizio ci sono reconditi motivi di formazione politica, che provo a spiegare.
Si tratta di un atteggiamento culturale che accade solo in Italia, perché da noi, facendo di necessità virtù, Togliatti ha dovuto inventare la famosa doppiezza, con cui ha conciliato stalinismo e democrazia, anzi massimalismo e riformismo, pur trattandosi di due culture politiche inconciliabili.
Togliatti ha insegnato al suo partito a comportarsi in due modi opposti: da massimalisti all' Opposizione e da riformisti al Governo, cosa che gli è riuscita perché basata sul noto opportunismo italiano.
Per questo, Berlusconi era un diavolo quando la sinistra non governava, diventava da Patto del Nazzareno quando essa governava ed è addirittura diventato un interlocutore responsabile, adesso che servono i suoi voti.
Nel frattempo il posto di "nemico della democrazia" (che fu di Saragat, Andreotti, Craxi e dello stesso Berlusconi) è stato preso da Salvini. Ma se quest' ultimo dovesse essere elettoralmente superato dalla Meloni, la "nemica della democrazia" diventerà lei, mentre Salvini diventerà uno che "si, faceva la voce grossa ma in fondo non aveva cultura fascista".
Questa doppiezza opportunistica non rende più credibile la sinistra. A 76 anni dal "partito nuovo" di Togliatti (lanciato a Salerno dopo l' armistizio dell' 8 settembre), che al tempo era "quasi" una scelta obbligata per non essere uccisi dagli stalinisti (Berlinguer nel' 73 subì un attentato sulle vie bulgare), la sinistra italiana deve decidere se essere massimalista o riformista. Non può rimanere tutte e due le cose assieme: oramai è stata sgamata, diventa ridicola e perderà voti verso l' astensionismo.