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Da una cattedrale al progetto Italia

L' editoriale di Rodrigo Cieri

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«Siamo tutti costruttori» ha detto il presidente Mattarella e raccomanda a politici e partiti di non rincorrere interessi di parte né successi effimeri. Ha parlato a tutti e raccomandato a tutti di sentirsi parte del progetto Italia.

Mi torna in mente il famoso racconto medioevale dei tre spaccapietre. Al pellegrino che chiedeva che cosa facessero, il primo ha risposto che si spaccava la schiena per spaccare le pietre, il secondo che lavorava per mantenere la famiglia, il terzo che costruiva una cattedrale, faticava, sudava, ma si sentiva lieto di far parte di un progetto. Ci metteva l’anima e il cuore cioè, perché sentiva, pur nell’umiltà del suo lavoro, che il progetto era anche suo. Insomma quel progetto aveva un’anima. Tutti costruttori, insomma, dai finanziatori, all’architetto, all’imprenditore, alle maestranze, agli operai. Ovviamente c’è l’architetto che sovrintende al tutto e armonizza i vari interventi, gli apporti di tutti perché se uno di questi ritarda o malauguratamente boicotta oppure ostacola, la fabbrica si ferma e comunque rallenta.

Sono tutti costruttori i partiti di governo, ma lo sono anche quelli di minoranza che fanno opposizione, ciascuno nel suo ruolo. Hanno tutti un progetto, una visione dell’Italia  ̶  o dovrebbero averla – cui finalizzare il Recoveryplanper la ripresa economica e il superamento del dramma della pandemia.

Sull’uso del Recoveryplan la maggioranza governativa è in fibrillazione soprattutto per lo scontro noto tra il premier Conte e l’ex premier Renzi capo di Iv., che minaccia crisi di governo con il ritiro dei suoi ministri nel caso in cui i suoi sessantadue punti, messi per iscritto, non vengano presi in considerazione e discussi. Non sono condivisibili gli arcinoti modi spicci di Renzi, come dice Zanda, ma i contenuti, che sono ragionevoli, vanno discussi e siccome qualsiasi coalizione presenta momenti immancabili di duro confronto, occorre sedersi intorno a un tavolo e trovare i punti che uniscono perché ci sono e sono tanti. Ma occorre umiltà, virtù che non tutti i politici possiedono, il sentirsi parte importante di un ingranaggio che fa funzionare tutto il meccanismo. Un passo indietro o un passo avanti, che dir si voglia, fa avvicinare le posizioni e, a soluzione trovata, sarebbe un errore di superbia o vanagloria gridare di aver vinto.

Un capo vero vince se favorisce e trova la sintesi concentrando lo sforzo sui contenuti e, pur nella durezza dello scontro, non guarda alla personalità dei soggetti proponenti ma alla bontà e utilità delle proposte. L’obiettivo numero uno è sconfiggere la pandemia e rilanciare l’economia del Paese. Per raggiungere tale obiettivo occorre un governo convinto e coeso con progetto chiaro. Ognuno faccia la sua parte perché diversamente il Paese non capirebbe. Mi piace ricordare Abramo Lincoln  che aveva scarsa dignità della sua persona di fronte al bene importante di interesse generale che era l’unità del suo Paese.

Di fronte a una crisi inspiegabile non vale dire «avevo ragione io».

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