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Continua il dibattito sulla Molisana

Interviene il sociologo Dario Leone

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Gentile Direttore,

in questi giorni si è aperto un dibattito riguardo la scelta, da parte del pastificio “La Molisana”, di dar vita ad una rievocazione stile anni Trenta, quando i formati di pasta portavano il nome delle varie conquiste coloniali di un’Italia violenta e del suo periodo più atroce. Vorrei chiarire che le centinaia di persone che hanno manifestato pubblicamente la propria indignazione sono state bollate come ignoranti e insensibili nei confronti dei lavoratori di un’azienda del Sud.

Sulla prima questione, quella dell’ignoranza, è bene chiarire che il ricordo della storia è assai diverso dalla sua rievocazione. Una distinzione che sfugge casomai proprio a “chi ignora”. Non si tratta di una mostra nella quale vengono esposte le foto e le riproduzioni della “pasta dal sapore littorio”, ma di una vera e propria “rinascita commerciale” di un prodotto che rispetto alla restaurata caratura simbolica sarebbe politicamente e democraticamente immorale non stigmatizzare. 

Stiamo parlando, lo scrivo per “chi ignora”, del periodo del madamato, ovvero della pedofilia normativamente legittimata; del massacro di popoli indifesi; della loro sottomissione e della riduzione a bestiale schiavitù. La storia è colma di orrori indicibili. Che accadrebbe se in Germania un’azienda di saponette avviasse una “rievocazione” chiamandole “profumo giudeo” o magari si producessero gli “auschwitzzini rigati” o ancora i “buchenwaldini lisci”? La censura di tale scelta aziendale, reclamata da centinaia di persone, è dettata dalla nostra Costituzione repubblicana nata dal sacrificio dei partigiani antifascisti e che ha nei suoi presupposti il debellamento di qualsiasi germe di Fascismo dalla cultura italiana, ovunque si annidi. Con questo mi guardo bene dal definire fascista l’azienda di cui si parla, peraltro distrutta dai nazisti durante la guerra e vittima anch’essa della barbarie indicibile di quel funesto periodo.

Ciò che si contesta è una scelta aziendale sulla quale la stessa A.N.P.I. molisana, ha invitato a fare un passo indietro e a “chiarire in modo più fermo la propria totale estraneità ad ogni riferimento al Fascismo”. Detto questo vengo all’ultima questione posta da una parte dell’opinione pubblica che stigmatizza coloro che hanno criticato anche aspramente l’accaduto definiti poco sensibili nei confronti dei lavoratori de La Molisana.

L’idea che non si debba produrre alcuna critica alle scelte aziendali di qualsivoglia ingranaggio del sistema produttivo, è forse di per sé, ancor più pericolosa e agghiacciante, specie se l’oggetto in questione è proprio l’ideologia che ha annullato nel giro di poche ore ogni singolo diritto sociale dei lavoratori.  Auguro lunga vita all’azienda e agli operai coinvolti nel sistema produttivo, con l’augurio di poter leggere, quanto prima, assieme a centinaia di persone come me sensibili all’argomento, quanto chiesto dall’A.N.P.I.

 

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