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Pacificatori, cercasi

L' editoriale di Rodrigo Cieri

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Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio. È la settima beatitudine. Urge la loro presenza, la loro azione oggi in Italia per creare un rapporto di reciproca comprensione soprattutto tra partiti politici, che, rotta la coalizione governativa, sono entrati in conflitto, e tra quei partiti non troppo distanti ideologicamente e per contenuti e che in situazione di emergenze, per il superiore interesse e bene comune, potrebbero collaborare. Si sa che è una impresa quella del pacificatore, far superare le ragioni conflittuali tra forze politiche che si guardano come nemiche, con forti dichiarazioni escludenti, ma se l’impresa riesce dà origine a tanta soddisfazione e stima da parte della comunità.

Mi ritorna a mente una affermazione del senatore Hubert Humphrey:  «Negoziare fra due parti in conflitto è un’impresa paragonabile a quella di attraversare un fiume camminando su pietre sdrucciolevoli. È azzardato, ma è l’unica maniera possibile di arrivare sull’altra riva.»

Per essere pacificatori bisogna essere innanzitutto in pace con se stessi; in politica, ad esempio, liberi da interessi o ambizioni personali, essere al di sopra delle parti, affidabili.

La vicenda telefonica tra Clemente Mastella, politico parlamentare di lungo corso ed ex ministro, oggi sindaco di Benevento, e Carlo Calenda, parlamentare europeo già ministro per lo sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni, fa pensare: Mastella suggerisce a Calenda, anche a seguito di dichiarazione di questi che ce l’ha con Renzi, di appoggiare Conte; chissà, potrebbe avere in cambio l’appoggio del Pd quale candidato a sindaco di Roma. Calenda prende la proposta come insulto. Non solo; rende noto il contenuto della telefonata, subito preda di giornali e social, e da Mastella viene tacciato per squallido moralmente. Probabilmente se la proposta fosse stata accolta con un impegno d’onore,entrambi avrebbero detto: sia chiaro, non ci siamo mai sentiti!  

“Camminare su pietre sdrucciolevoli” può comportare una situazione spiacevole. Un punto va rimarcato fortemente. A causa della pandemia e situazione economica molto difficile per il paese non era il momento di provocare la crisi di governo, ma per la stessa ragione la crisi deve essere risolta. E quindi bando ai personalismi, alla vanità di una vittoria di Pirro, all’orgoglio ferito, all’arroganza della posizione di potere. Bisogna ragionare sulle idee e contenuti condivisibili nell’ambito delle forze che finora hanno collaborato nel governo e magari dei senatori del gruppo misto non arroccati nel ruolo di rigida opposizione. Non è il caso di chiudere le porte facendo intravedere una insopportabilità della persona perché giudicata inaffidabile pur avendo prodotto molto di buono che è stato condiviso. Ma è anche vero che Iv, che pur con il suo modo di fare pressione ha ottenuto tanto per il Recoveryplan, anche se dichiara la sua disponibilità, farebbe meglio a non arroccarsi nella posizione di sfiducia limitandosi  a votare i vari provvedimenti. Il governo non avrebbe la forza propulsiva.

La politica si basa su un principio sacrosanto: quello della possibilità. Occorre pazienza, non far precipitare gli eventi, frenare gli impulsi, attendere per arrivare a quel sì che lascia intravedere il ritorno ad una visione condivisa del progetto per il quale ha avuto inizio il rapporto dei collaborazione.

Se quella attuale è l’unica maggioranza possibile, le sacrosante ragioni per non romperla sono le stesse per ricucirla..

Cambiare idea o tornare sui propri passi fa cadere nel ridicolo? No. Anzi, è segno di maturità, o anche, per dirla con Tabacci, di nobiltà.

 

 

 

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