Due - tre anni fa mi chiamò Fabio Raspa e mi disse di Loris. Andai all' Agip e poco dopo arrivò proprio Donato coi genitori. Assistetti, come è facile immaginare, ad una scena di dolore e sgomento che non dimenticherò mai.
Scrissi di Loris, allora, e mai avrei immaginato che qualche tempo dopo avrei dovuto scrivere del fratello, che in un pomeriggio di primavera lo avrebbe raggiunto cadendo dalla moto.
Donato lo conoscevo meno di Loris (che frequentava il bar da Nicola), ma dopo quella tragedia ero sollevato dal vedere che si era sposato e che gli era nato un bel bambino, a cui aveva dato il nome proprio di Loris.
Vedendo lui, la sua signora e il suo bambino pensavo che quella nuova vita avesse potuto lenire anche il dolore della mamma e del papà, che il loro essere nonni avesse potuto ridare loro una qualche motivazione di vita.
E sapere che da ieri anche Donato non c' è più, che quei genitori dovranno piangere anche l' altro figlio che gli era rimasto mi fa pensare a quanto a volte sia ingiusto e crudele il destino. E che non servano le cavolate che ci dividono a noi umani di fronte alla caducità della vita. Ma soprattutto mi dire: "perché?". È evidente che non c' è un perché, almeno non c' è un perché comprensibile per la nostra ragione.
C' è un dolore incredibile e profondo per quei due genitori che hanno perso due bei figli in due - tre anni. C' è solo la vicinanza che possiamo offrire alla moglie di Donato e al piccolo Loris. C' è solo l' abbraccio collettivo che questa Città può dare alla famiglia D' Alberto, che oggi è la NOSTRA FAMIGLIA.