Nel sistema sanitario locale si sta affermando una distorsione sempre più evidente e inaccettabile. Prenotare una visita specialistica o un esame diagnostico tramite il canale pubblico — pagando il semplice ticket — è diventato un percorso a ostacoli: tempi d’attesa infiniti, agende chiuse, liste bloccate per mesi o addirittura per tutto l’anno.
Ma basta scegliere il regime intramoenia, e il quadro cambia radicalmente. L’intramoenia consente ai medici del Servizio Sanitario Nazionale di effettuare, a pagamento, attività privata all’interno delle stesse strutture pubbliche. In pratica, lo stesso medico, nella stessa stanza e con le stesse apparecchiature, visita in pochi giorni chi può permettersi di pagare, mentre chi resta nel canale pubblico continua ad attendere mesi.
Un paradosso che si aggrava ulteriormente quando entra in gioco il tema delle esenzioni per patologie croniche o invalidanti. Il cittadino, riconosciuto esente dal pagamento per la propria malattia, si trova davanti a un muro: il sistema non gli consente di usufruire della prestazione nei tempi necessari. Se la visita o l’esame è urgente, l’unica alternativa diventa pagare in intramoenia, anche se la legge gli riconosce il diritto alla gratuità .
In altre parole, il sistema da una parte concede l’esenzione, ma dall’altra la svuota di significato, costringendo chi è più fragile o malato a sborsare denaro pur di ottenere cure tempestive. Un’ingiustizia doppia, che colpisce proprio chi avrebbe maggiormente bisogno di tutela.
Quello che doveva essere uno strumento per migliorare l’efficienza e alleggerire le liste d’attesa si è trasformato in un meccanismo di disparità , che mina la fiducia nella sanità pubblica e crea cittadini di serie A e di serie B.
Oggi la vera domanda è: come può un sistema pubblico tollerare che la rapidità delle cure dipenda dal portafoglio del paziente? È inaccettabile che la salute — diritto fondamentale sancito dalla Costituzione — sia diventata una questione economica.
E in questo scenario, inaugurazioni di nuovi padiglioni, cerimonie ufficiali o manifestazioni di donazioni di apparecchiature — per quanto gesti nobili e meritevoli di riconoscenza da parte della comunità — perdono gran parte del loro valore simbolico, se poi per usufruire di quelle stesse strutture o tecnologie il cittadino deve comunque pagare. Una sanità che si mostra, ma che non cura, è una sanità che ha perso la sua missione più autentica.
Servizio di Ercole d'Ercole