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CI HA LASCIATO LUCIANO LAPENNA

IL MIO RICORDO PERSONALE

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Luciano Lapenna aveva iniziato la sua lunga carriera politica come consigliere comunale comunista a Gissi all' inizio degli anni '80, carica che ha ricoperto per tutto quel decennio ed anche agli inizi del successivo (nello stesso periodo, in cui i dirigenti di quel partito facevano i funzionari, lui, essendo laureato in giurisprudenza, viveva facendo il legale nelle cause dei lavoratori della Cgil). 

Nel ' 91 seguendo la prima evoluzione occhettiana, è entrato nel Pds, in cui si sarebbe candidato al Consiglio regionale nel ' 95 restandovi per due legislature, durante le quali ha ricoperto i ruoli di presidente della Commissione Industria e vice presidente dell' Assemblea. 

Nel 2005 è stato nominato assessore provinciale al turismo e nel 2006 è stato eletto sindaco di Vasto a capo di una Giunta sostenuta dalla lista Forte (con cui si era alleato al secondo turno), Margherita, Italia dei Valori, Rifondazione comunista e Ds (partito al quale era confluito con l' ulteriore evoluzione dalemiana).

È stato confermato sindaco anche nel secondo mandato (2011 - 2016), durante il quale (seguendo l' evoluzione del suo partito di sempre era entrato nel PD veltroniano). 

Al termine del suo secondo mandato di primo cittadino è stato eletto alla presidenza regionale dell' Anci, dove è rimasto fino agli inizi del 2019.

Nell' ultimo quinquennio è stato consigliere comunale e segretario del Pd vastese, carica, quest' ultima, che ha lasciato un paio di anni fa.

Da qualche mese era malato. La morte, avvenuta nella notte del 7 settembre, è stata annunciata con un commosso post su Facebook dal suo successore Francesco Menna.

La camera ardente è allestita nella sala consigliare di Vasto, che resta aperta dalle 14:00 alle 20.00.

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Luciano era un mio amico e, quindi, di lui ho tantissimi ricordi. Ma quattro campeggiano sopra tutti gli altri.

Lo conoscevo dagli anni in cui era consigliere comunale a Gissi, dove imperava Remo Gaspari, al tempo sindaco, ministro e capo del Comitato di gestione della Usl. Nessun professionista gli si contrapponeva. Luciano era l’ unico legale che lo faceva apertamente ovviamente all’ interno del suo partito, che comunque  amministrava alcuni (piccoli) Comuni della provincia. Con la mia “innata” curiosità per le cose di politica, durante un pranzo in un ristorante, gli chiesi come facesse a fare opposizione a Gaspari. Mi rispose che per imparare andava ad assistere ai Consigli comunali Paglieta, dove il sindaco era un senatore comunista, Enrico Graziani, padre di Ernesto, l’attuale primo cittadino. Accompagnò quella inaspettata risposta con un sorriso: dolcissimo ed amaro nello stesso tempo.

Molti anni dopo ci siamo trovati sempre in un ristorante (il Vecchio Casale), dove Don Gino ci aveva invitato per il suo cinquantesimo di sacerdozio. Luciano era appena diventato sindaco di Vasto. Io mi avvicinai per felicitarmi e lui mi disse: “Tu avevi scritto che sarebbe finito Peppino contro Peppino”. In effetti, avevo fatto un editoriale su Qui quotidiano (con cui al tempo collaboravo) ipotizzando un ballottaggio tra Tagliente e Forte. Gli risposi imbarazzatissimo: “Linea editoriale”. E lui mi fece stesso sorriso di un quarto di secolo prima: sorriso dolcissimo ed amaro nello stesso tempo.

La foto di copertina è stata scattata a Schiavi d’ Abruzzo. Con lui sindaco di Vasto, ci sono Luciano Piluso, sindaco di Schiavi, Gabriele Marchese, già sindaco di San Salvo ed io. Gliela girai e gli dissi al telefono “trova l’intruso”, con riferimento a me stesso che ero l’unico non sindaco tra i quattro. Mi rispose che ero stato io a non volermi mai candidare. Quella volta non ho potuto vederlo, perché eravamo al telefono, ma sono certo che mentre me lo diceva sorridesse, di quel suo sorriso dolcissimo ed amaro nello stesso tempo.

L’ultimo ricordo si riferisce a quando firmammo uno dei tanti Protocolli per la Didattica del territorio: l’ Ufficio scolastico, la Regione, la Cerella Autotrasporti, l’ Anci (di cui era presidente) e il laboratorio di sociologia dell’ Istruzione (che dirigevo io).  Distribuii le copie col testo che personalmente avevo scritto e gli altri partner si misero a leggerli e spulciarli, addirittura facendoli controllare ad altri loro collaboratori. Luciano, invece, le prese e le firmò tutte senza manco guardarle. Io dissi (per ringraziarlo della sua immensa fiducia): “Lucià ma firmi senza leggere ?”. Lui mi ripose: “Orà se non mi fido di te…” e rifece quel sorriso dolcissimo ed amaro nello stesso tempo.

Credo che in quel suo sorriso fosse racchiusa tutta la sua straordinaria personalità: l’amarezza gli veniva dalla consapevolezza di operare in una società ingiusta, che, infatti, lui (come tanti di noi) avrebbe voluto cambiare; la dolcezza gli veniva perché era il personale meccanismo di risposta e di difesa alle difficoltà oggettive dovute alle ingiustizie che incontrava: ingiustizie, che, per come e quanto ha potuto, ha sempre combattuto. Con dolcezza e amarezza e comunque instancabilmente. Ciao Luciano. Ricorderò sempre il tuo sorriso.

 

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